pornplacevr
pornplaybb.com siteripdownload.com 1siterip.com
Buffy ritorna al cinema
Luglio 5, 2009
Mezzacotta al cioccolato, un dolce a prova d'intolleranza
Luglio 7, 2009
Show all

Nel nome del Rock

Nel_nome_del_RockSi comincia in ritardo a Palestrina la sera del 2 luglio, causa un alquanto inopportuno temporale estivo che fino all’ultimo ha tenuto tutti col fiato sospeso e costretto i musicisti coinvolti a sperticarsi in un veloce sound check.

Ma sarebbe stato un vero peccato vedere annullata una serata che si è presentata come un crescendo di emozioni lungo un continuum di qualità che ha raggiunto l’apice con l’esibizione degli attesissimi Morphine.
Si parte con l’indie pop degli italiani Vegetable G, che per mancanza di tempo suonano poco più di mezz’ora. Il loro è un sound di sicura qualità con interessanti intuizioni elettroniche che però, malgrado impegno e passione, non ha lasciato questa sera particolari ricordi. Lo stesso non si può certo dire invece per Sean Scolnick, in arte Langhorne Slim. Questo giovane artista della Pennsylvania imbraccia la sua chitarra e, accompagnato da contrabbasso e batteria, fa scatenare per circa un’ora tutto il pubblico col suo folk – country movimentato, eccentrico e trascinante. Dotato di una voce davvero interessante, che viene fuori sopratutto nelle ballate più lente e con le tonalità più basse, è stata lui la vera sorpresa della serata.
Poi arrivano finalmente loro: i Morphine. Per loro più che per chiunque altro quella del tre luglio è stata una serata molto particolare. “Grazie Palestrina. È una serata bellissima, è bello stare qui e voglio dedicarvi una canzone super-sexy” . Queste le ultime parole di Mark Sandman, leader di una delle band più rivoluzionarie degli anni novanta che, esattamente dieci fa, moriva colpito da un infarto fulminante proprio sul quello stesso palco, tra lo sgomento dei compagni e gli sguardi attoniti del pubblico.
La loro caratteristica principale è sicuramente quella di essere riusciti a fare un rock blues trascinante ed esplosivo con una dotazione strumentale più che minimale: un sax baritono, una batteria e un basso suonato con due sole corde, il Mi ed il La, diventato segno distintivo del loro sound.
Ma si sa, il tutto è più delle somma delle singole parti, e la vera forza diventa allora l’interrelazione, tra gli strumenti, un trittico in perfetta armonia ed equilibrio. Il sax di Dana Colley non suona, parla. A tratti ti coccola, a tratti ti eccita, ti ammonisce, ti circuisce. Va dritto al punto insomma, dritto al cuore, facendosi spesso e volentieri protagonista d’eccezione, marcando il ritmo ancor più della voce solista. Il basso di Jeremy Lyons (che non apparteneva alla formazione originale) è l’altra metà della mela che sostiene e guida con la discrezione di chi è sempre presente e si fa sentire forte e chiaro al momento più opportuno. E infine, la batteria di Jerome Deupree che marca il ritmo dando calma ed energia, forza e sensualità.
Sandman affermava di “dare la caccia a quel sound che ci fa dannare da quando siamo nati” .
Per lui la caccia è finita troppo prematuramente ma non ci sono dubbi sul fatto che quel sound l’avesse davvero trovato.
Un encomiabile gesto d’umanità quello che ha portato Dana Colley e Jerome Deupree, supportati da Jeremy Lyons, di nuovo qui a Palestrina per ricordarlo. E lo hanno fatto in maniera eccezionale scavando un solco profondo nell’anima e nella memoria di quanti hanno assistito alla loro esibizione.

di Michela Pisanu

Svevo Ruggeri
Svevo Ruggeri
Direttore, Editore e Proprietario di Eclipse Magazine