Una divertente commedia in cui, in fondo, tutto è possibile
Una mucca cade dal cielo e si schianta su una piccola barca, uccidendo una donna. Assurdo. È con questa scena surreale e tragicomica, dipinta con un cromatismo da fiaba, che si apre la commedia spagnola Un cuento chino.
Presentato alla sesta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, il film è in concorso nella categoria della selezione ufficiale.
La storia è ambientata in Argentina. Roberto (Ricardo Darín, già protagonista del film Il segreto dei suoi occhi) è il proprietario di un negozio di ferramenta, un uomo chiuso e scontroso, silenzioso e introverso. Un giorno, per puro caso, entra nella sua vita un giovane ragazzo cinese, Jun (Huang Sheng Huang), arrivato in Argentina alla ricerca dell’unico suo parente rimasto in vita. Il ragazzo è solo, senza soldi e non conosce minimamente lo spagnolo.
Nonostante la sua riluttanza, Roberto accoglie in casa il povero Jun che, con la sua tenerezza, inizia a fare breccia nella barriera di cinismo che l’uomo si era costruito attorno a sé.
Un cuento chino è un racconto divertente e tenero allo stesso tempo, costruito attorno all’incontro di due personaggi diversissimi che non riescono a comunicare tra loro, se non a gesti. Nel film i silenzi contano tanto quanto i dialoghi, i gesti e gli sguardi quanto le parole. Ed è con grande intelligenza e sensibilità che la pellicola mostra quanto si possa apprendere da una persona con la quale non riusciamo nemmeno a parlare. Sì, perché ci sono volte, nella vita, in cui si impara anche dall’assurda convivenza con uno sconosciuto e in cui persino una mucca caduta dal cielo può trasformarsi in un monito e insegnamento di vita.
La commedia diverte con garbo e accompagna lo spettatore in un mondo fatto di solitudini che commuovono piuttosto che intristire. L’occhio della cinepresa è a volte vivido e realistico, a volte surreale e fantasioso, per una narrazione che non è mai monotona e mono-tono.
Un cuento chino è diretto dal regista argentino Sebastiàn Borensztein, che ha già avuto modo di farsi conoscere dalla critica con i suoi due precedenti lungometraggi: La suerte está echada (premiato al Festival del Cinema Latino Americano di Tolosa e Trieste) e Sin memoria.
di Silvestro Capurso