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L’Italia è ancora desta con Rinaldo in campo

A più di vent’anni dalla sua ultima messa in scena con Massimo Ranieri e Laura Saraceni, Rinaldo in campo torna al Sistina per festeggiare i centocinquanta anni dell’unione d’Italia

Dopo centocinquanta anni l’enfasi del Risorgimento è ancora di moda. A dimostrarlo non è una politica stanca e contraddittoria ma il palcoscenico del Teatro Sistina che, grazie alle avventure del brigante Rinaldo e della rivoluzionaria Angelica, hanno infiammato la platea con nuovo fervore patriottico.  Scritto da Garinei e Giovannini nel 1961 e interpretato dalla coppia Domenico Modugno/Delia Scala per festeggiare i il centenario dell’unità nazionale al teatro Alfieri di Torino, Rinaldo in campo, con un cinquantennio in più sulle spalle, rispolvera principi a prima vista desueti rendendo nuovamente moderni l’amore di patria e l’appartenenza nazionale. Ad accettare questa sfida culturale e artistica sono l’ormai esperta Serena Autieri e l’esordiente Fabio Troiano, per la prima volta chiamato a dare dimostrazione di un talento variegato. Diviso tra cinema e televisione, il protagonista de Il giorno+bello si confronta in un faccia a faccia serrato con il ricordo ancora tangibile di un Modugno capace di vestire agilmente non solamente la passionalità siciliana ma, soprattutto, di aggirarsi con scioltezza attraverso le difficoltà di una interpretazione multiforme. Un confronto che Troiano non vince e non perde ma che, molto più astutamente, evita cercando di vestire una voce e un tono personale. Così, dopo un inizio dal ritmo allegro ma non troppo, l’andamento della commedia acquista un passo più cadenzato e sicuro proprio nell’intimità del campo briganti che, sostenuto da caratteristi d’esperienza come Rodolfo Laganà tornato a vestire i panni di Chericuzzo e di Gianni Ferreri in quelli del Barone di Castrovillari, nello strafottente idealismo di Rinaldo trova lo spunto per enfatizzare una forza carismatica capace di unire in un corpo solo protagonista e interprete. In questo modo, più del confronto con un’antagonista femminile animata da una consapevolezza spesso irritante, la trasformazione del brigante in garibaldino avviene attraverso l’evoluzione di un sentimento d’appartenenza che dalla particolarità della Sicilia guarda all’universalità di un paese in fieri attraverso gli occhi di un uomo imperfetto destinato, anche e soprattutto a dispetto delle attuali pretese padane, a chiamarsi italiano.

di Tiziana Morganti