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Bambini cattivi

Isabel_-_Anna_Stothard_-_ElliotPerversi, manipolatori, bugiardi, spesso abili mistificatori. I bambini sono così.

Per nulla arrendevoli, raramente altruisti, segretamente inclini ad ogni forma di violenza. A gettare luce sull’anima oscura delle piccole creature ci ha pensato già Freud, all’inizio del secolo, rivelandone la natura seduttiva e sottilmente malvagia. Anne Stothard, in libreria con “Isabel” (Elliot, 2007), ripercorre, senza falsi pudori, i desideri e le ossessioni di due sedicenni, Isabel e suo fratello Rocco, abbandonati dai genitori, in circostanze poco chiare, e rimasti soli in una piccola mansarda “piena di cianfrusaglie”, nel centro di Londra.

I due si amano, si rincorrono, giocano crudelmente con i loro sentimenti fino ad instaurare un legame morboso ed ossessivo, tragicamente segnato dalla violenza. Sono irresponsabili, incapaci di reagire, invischiati in una relazione perversa e a tratti delirante; ricordano, in modo quasi impressionante, i due fratelli de “Il giardino di cemento” di Mc Ewan (Einaudi, 1994). Jack e Julie. In realtà qui i fratelli sono quattro, forzatamente isolati dal resto del mondo, confinati in una piccola proprietà con un grande giardino, alla periferia di Londra, legati tra loro da un rapporto esasperatamente sadico ed incestuoso. A fortificare e ad impermeabilizzare il loro sodalizio ci stanno i sensi di colpa (“Non ho ucciso mio padre, ma certe volte mi sembra quasi di avergli dato una mano a morire”), i segreti condivisi (come il cadavere della mamma, sepolto in cantina, per tenerlo nascosto alla polizia e per non venire separati) e la paura insuperabile di crescere. In un modesto caseggiato di periferia danno vita ad una tragica anarchia, in cui a guidare le loro esistenze ci sono solo i desideri sensuali, gli impulsi irreffrenabili, le ostilità inespresse. I bambini di Mc Ewan fanno pensare a quelli degenerati, crudeli e spietati de “Il signore delle mosche” di William Golding (Mondadori, 1989). In un’isola deserta, d’incontaminata bellezza, si ritrova un manipolo di ragazzi, scampati ad un ipotetico conflitto planetario e rimasti misteriosamente senza genitori. Hanno meno di tredici anni e sono tutti maschi. Il gruppo si organizza, si dà delle regole, ma in breve il paradiso terrestre si trasforma in un vero inferno, in cui la corruzione, la sete di potere e la malvagità prendono il sopravvento su ogni cosa. Ne deriva un terribile affresco di angosciante desolazione sulla condizione umana e sull’impossibilità di sottrarvisi. I bambini raccontati nei libri sono spesso così: ambigui, sinistri, ineducabili, logicamente ed intrinsecamente portati al male, insensibili pianificatori di trame perverse. Vale la pena chiedersi come siano i loro genitori.

 

di Michela Carrara