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Joanne Harris ci racconta "Le parole segrete"

joanne_harris_-_foto_di_Svevo_RuggeriRoma – Joanne Harris è recentemente venuta in Italia per promuovere il suo ultimo lavoro “Le parole segrete” edito dalla Garzanti, come del resto ogni sua opera.
La celebre scrittrice consacrata a livello mondiale dopo il successo derivato da “Chocolat”, ha continuato a produrre libri ogni anno, dimostrando una capacità narrativa e prolificità d’argomenti davvero invidiabile.

Ogni suo libro ha sempre venduto molto in tutte le parti del mondo in cui è stato pubblicato e questo l’ha proiettata in cima alle classifiche, ed attualmente è una scrittrice che vanta milioni di lettori che la seguono costantemente.
“Le parole segrete” è il primo romanzo fantasy che la Harris abbia mai scritto, e si propone come un’opera molto particolare, che quasi certamente avrà un suo seguito prossimamente.
Un romanzo tutto da leggere, capace di unire atmosfere magiche a tematiche che attingono direttamente dalle tradizioni e dal culto dell’estremo Nord europeo.
L’incontro piacevole è avvenuto a Roma, in un hotel a due passi dal Pantheon.

Sono ormai più di 10 anni che cavalca il successo in libreria, avverte mai un senso di appagamento o riesce sempre a trovare nuovi stimoli?

Naturalmente sono molto felice di avere dei lettori, alcuni dei quali molto fedeli che mi hanno seguito nell’arco degli anni in tutto ciò che ho fatto, ma non mi piace essere bloccata unicamente in un genere letterario ben definito, perciò trovo sempre nuovi stimoli in nuove idee, che amo portare avanti e sviluppare.

 

Il suo nuovo libro “Le parole segrete” è un nuovo capitolo della realtà fantastica che caratterizza i suoi scritti, tuttavia è anche il suo primo passo deciso nel “fantasy”… può definirsi un esperimento o un cambiamento di genere, una nuova via da esplorare?

Certamente ci sarà un altro capitolo di questa storia, e probabilmente anche un terzo… dipende molto anche dagli stimoli che mia figlia riuscirà a darmi… a quanto mi pungolerà per proseguire le vicende e i vari sviluppi della stessa. Per me, comunque, non si tratta di un vero nuovo passo… in realtà è più uno sviluppo di alcune idee che si erano presentate diversi anni fa e che erano rimaste in me a giacere. Si tratta di un ritorno al passato, a i miei primi lavori che ho fatto, alle prime idee venutemi anni addietro.

 

Maddy, il giovane personaggio su cui si basa la narrazione del suo nuovo libro, ha dei punti in contatto con la Joanne adolescente?

Devo ammettere che in un certo senso sì.

Non credo di essere stata mai così intraprendente, né così sciolta o preparata a vivere eventi così coinvolgenti.

Inoltre Maddy è simile a come vedo io mia figlia, non soltanto nell’età ma anche in alcuni aspetti caratteriali che ovviamente sono nel libro romanzati. In effetti sia in parte io che mia figlia abbiamo diverse cose in comune con Maddy.

 

Il romanzo così come è strutturato è caratterizzato da tradizioni celtiche, anche se non ne è condizionato. Ci può parlare più specificatamente di questo aspetto?

Allora, si tratta solo in parte di tradizioni celtiche, e in maniera più vasta di mitologia norrena. Il pantheon norreno, in base al materiale pervenutoci, che è davvero frammentario e limitato, è anche abbastanza caratterizzato. Dà un’idea di popolo, di ruoli, credenze, dei… io non ho fatto altro che arricchire ulteriormente questa struttura basica, costruendo in maniera fantasiosa, basando però il tutto su le basi frammentarie ma certe che ci sono pervenute. Ho creato un intero universo fantastico proprio perché questo genere di mitologie sono aperte a varie interpretazioni, e per me sono materiale davvero stimolante per produrre strutture narrative fantastiche. Potenzialmente nulla sembra essere precluso e non ci sono troppi vincoli che incanalino la fantasia.

 

Mi sembra di scorgere alcune analogie tra Alice (nel paese delle meraviglie) di Carroll e Maddy: Entrambe creative, fuggono dalle regole di una società particolare, ed entrambe accedono ad un mondo diverso tramite un stretto ed angusto passaggio… è solo una mia impressione, oppure c’è qualcosa in comune?

E’ davvero molto interessante questa tua idea… un’interpretazione davvero molto buona anche se non ci avevo pensato consciamente. Forse addirittura Alice è un’espressione di una visione junghiana del subconscio… e quindi della discesa nei vari livelli del subconscio che ritroviamo nell’interpretazione dell’opera di Carroll, che è uno straordinario esploratore prefreudiano. In un certo senso in qualsiasi opera fantasy si va ad attingere un po’ nella psicanalisi.

In effetti ora che ci penso, ci sono delle analogie, anche se Alice è sostanzialmente più passiva… sa cosa vuole fare, ossia tornare indietro. Mentre Maddy si impegna per cambiare qualcosa che non le va a genio. Sicuramente è un’ottima interpretazione questa che mi proponi, e ti ringrazio… pensa che in molti mi hanno proposto la comparazione con Harry Potter…

 

Ha un luogo, oppure una canzone, uno stato d’animo particolare che riescono a facilitare la sua ispirazione?

Ci sono molti posti e luoghi che mi danno ispirazione, a seconda delle tematiche di cui parla il libro che sto scrivendo. Però per molti anni ho fatto l’insegnate, e questo determinava la mia giornata e gli spazi in essa. Perciò potevo scrivere nei ritagli di tempo, negli intervalli delle lezioni, non ho mai avuto il lusso e le circostanze ideali per scrivere. Ma anche ora, che faccio la scrittrice a tempo pieno, in realtà faccio molte cose che mi riempiono la giornata e non sempre riguardano la scrittura.. In un certo senso ancora oggi scrivo nel mio tempo libero. Questa condizione ha creato in me la capacità di scrivere in ogni momento libero e in ogni situazione: albergo, aeroporto, bar, poco importa. Ho sviluppato questa capacità che mi permette di estraniarmi dal contesto e scrivere liberamente… è importantissima la luce, possibilmente solare.

 

I suoi romanzi più conosciuti sono ambientati in Francia ed Inghilterra, ma in realtà il suo successo è internazionale. Ha in mente di “emigrare” in altri paesi per l’ambientazione dei prossimi romanzi?

E’ sempre possibile, non lo posso escludere. Tuttavia sopratutto per scrivere un romanzo è necessario avere una certa dimestichezza con il luogo e con i costumi… per scriverlo con una certa confidenza, con una linearità che serve a non avere intoppi nella narrazione. Io ho scritto dei racconti ambientati in altri luoghi, ma per scrivere un romanzo ho la necessità di avere una conoscenza intima del luogo in cui lo ambiento, e per questo motivo non posso solo basarmi su una conoscenza esclusivamente geografica. E’ come quando si decide di andare a vivere in un altro luogo rispetto a dove si è nati… non basta esclusivamente un apprezzamento, ma è spesso necessaria un’intimità dell’anima per poter abbracciare un nuovo posto in cui passare la propria esistenza o parte di essa.

 

Ha un target specifico al quale si indirizza ogni volta che pensa di scrivere una nuova storia?

Generalmente no, anche perché so di avere un pubblico molto eterogeneo e vasto, visto le lettere che solitamente mi arrivano che appunto mi danno la percezione che ciò che scrivo soddisfa diverse categorie di età e di sesso.

Per questo nuovo libro forse avrò qualche nuova tipologia di lettore, visto che di fatto è un fantasy anche se particolare, ma in questo caso si tratta sempre di una storia che inizialmente ho scritto per far felice mia figlia.

In generale si scrive in base alla storia che si decide di portare avanti, per me sarebbe molto difficile mettermi come obiettivo un particolare “genere” di pubblico e strutturare un romanzo con l’intento di soddisfarlo.

 

Il sonno della ragione genera mostri”… Questa è una famosa frase nonché celebre opera del pittore Goya… Possiamo invece affermare che per lei è il rifiuto del sogno ed un eccesso di raziocinio a generare mostri?

Sì e no… è un modo molto interessante di porgere il concetto… gradirei portarlo un po’ oltre: nel mondo di Maddy si ritiene che i sogni generino mostri, ed è proprio per questo che viene impedito alla gente di sognare, proprio per cercare di proteggerli. Però allo stesso tempo negare il sogno ed eventualmente negare l’arrivo di questi mostri vuol dire negare anche un processo di redenzione… questi mostri possono essere superati e vinti in questo modo. Se invece non si sogna affatto, si rischia di perdere una parte essenziale dell’essere umano, e questo penso che sia anche quello che cercasse di esprimere Goya… e lo sento mio.

 

Runemarks” è il titolo della sua opera in lingua originale, “Le parole segrete” è quello scelto per la versione italiana: è una traduzione che la soddisfa considerato anche il significato in sé del concetto di “runa”?

Sì, ne sono soddisfatta anche perché mi rendo conto che molti dei miei titoli non sono facilmente traducibili nelle altre lingue o addirittura è impossibile farlo. L’idea centrale di questo libero è proprio il potere delle parole, il mistero delle parole e se vogliamo anche il pericolo delle parole stesse, e penso che il titolo italiano colga appieno il significato del libro.

 

Il concetto di “mistero”che lei sente più vicino è sicuramente quello proveniente dalla mitologia nordica. Ha mai pensato di prendere in considerazione anche la tradizione magica della cultura classica greco-romana?

Sono sempre interessata da tutte le tradizioni folkloristiche, da tutta la magia antica e dal mistero dell’uomo e a come si manifesta nelle diverse culture. Però va detto che le culture dei popoli del Nord Europa, dei Celti e soprattutto dei norreni, visto che abitarono per lungo tempo soprattutto il Nord dell’Inghilterra, sono rimaste più vive e sedimentate nella mia cultura, rispetto a quella greco-romana. Naturalmente per quanto riguarda la cultura classica è estremamente affascinante, ma è una cultura che ha lasciato moltissimi documenti scritti, ed è molto difficoltoso un approccio romanzato che porta a cambiare e reinterpretare quanto è conosciuto anche a livello storico. Non vorrei interferire e in un certo senso rimaneggiare impropriamente quanto è già stato scritto e tramandato.

Mentre invece la cultura norrena è frammentaria, e costruire un struttura narrativa verosimile è molto più agevole. In passato ho scritto racconti sull’Egitto e sull’antica Grecia, ma mi sono trovata a ritornare con decisione verso i miti nordici, decisamente più malleabili…

 

 

L’intervista con Joanne Harris è stata possibile grazie a Francesca Rodella, responsabile dell’ufficio stampa della casa editrice Garzanti, cui va il mio ringraziamento per l’opportunità concessami per la seconda volta con la famosa scrittrice.

Rimane il piacere netto di una chiacchierata serena con una tra le più grandi scrittrici in circolazione del panorama letterario attuale.

 

 

di Svevo Ruggeri e Francesca Iannini