Curtis Hanson legge la crisi e sembra l’ultimo Ridely Scott. Regia frenetica e montaggio limpido delle finanziarie verità del crack americano del 2008
Torna con tempismo lo spauracchio Depressione nella nostra era nera. Gli impronunciabili intrecci dei poteri internazionali in gioco nel crack metaforico ed epocale del mercato immobiliare americano. Curtis Hanson legge la catastrofe targata Lehman Brothers e firma l’evento del “Fuori Concorso”, surclassato solo nel clamore dal borioso film di Faenza, altra pellicola del giorno. Con Too big to fail Hanson gira come il Ridley Scott di American Gangster, affilato come rasoio, senza manierismi e cliché, chiamando al suo fianco un regale William Hurt, protagonista insuperabile. Basandosi sulle cronache di un famoso columnist del New York Times e costruendo un documentatissimo apparato di nozioni, numeri e nomi, il regista racconta con levigata linearità gli ingranaggi perversi di un tracollo senza precedenti. Hanson osa entrare nelle stanze dei burattinai e urla le verità mai rivelate, o ameno mai opportunamente “filtrate”. Henry “Hank” Paulson (Hurt) è il segretario del Tesoro ed ex Presidente e Amministratore Delegato di Goldman Sachs in pieno conflitto d’interessi. Quando la bolla onerosa dei mutui svenduti (i famosi subprime) brucia è costretto a salvare/redimere/recuperare/riconfigurare il sistema finanziario dedito al profitto sregolato che lui stesso ha contribuito ad edificare. Per arginare il dissanguamento della banca d’investimenti sua ex rivale Lehman Brothers, che potrebbe trascinare nel baratro tutto il paese, Hank cerca investitori, ma nessuno è disposto a cedere. Lehman fallisce senza il supporto governativo e incredibilmente Hank viene lodato, poiché la volubile America vuole capri espiatori sul rogo. Mentre il balletto dei paradossi si consuma, il più grande colosso finanziario americano, AIG, matura uno scoperto immenso. Tanto che Hank, dopo contrattazioni folli e insostenibili, oltre la moralità e la legalità, attua una complessa, parziale nazionalizzazione (antitetica con i suoi ideali e con le basi della democrazia conservativa USA), con l’aiuto di banche commerciali che invece volteranno le spalle al paese, lasciando che il turbine finanziario alla fine spezzi le spalle agli uomini “della strada”. Una pellicola emozionante, che scardina la coscienza, che mostra concatenazioni evitabili di eventi manipolati da un pulviscolo di attori egocentrici e ricchissimi; in cui il popolo comune è pedina mai considerata. Un’opera vulcanica e gelida che canta il funerale del partito repubblicano ma anche del sogno americano. Hanson costruisce un dramma intimo e struggente, affossa senza commenti la terra delle libertà, ma punta indirettamente il dito contro le idiosincrasie inaccettabili di un potere “troppo grande”, che divora se stesso e schiaccia la società.
TITOLO E CAST
Too big to fail
Regia di CURTIS HANSON
Con William Hurt, Edward Asner, Billy Crudup, Paul Giamatti, James Woods
Stati Uniti, 2011 – 110’
di Sarah Panatta