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Romacinemafest 2011: Like Crazy

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Follia d’amore

Concluso il suo ultimo anno accademico a Los Angeles, l’inglese Anna dovrebbe far ritorno a Londra ma il sentimento di completa appartenenza fisica e emotiva che la lega all’americano Jacob la spinge a rimanere nonostante un visto scaduto. Una leggerezza imperdonabile per la rigida struttura doganale che, al suo rientro da una breve visita alla famiglia, non permette alla ragazza di lasciare l’aeroporto e la rispedisce con effetto immediato in patria. Da questo momento l’amore spezzato di Anna e Jacob continuerà a cercare una ragione di sopravvivenza alle leggi sull’immigrazione, ad una vita che continua il suo percorso pur se affettivamente interrotta, alle gelosie esasperate da una distanza atlantica e ad un matrimonio che sembra non appartenere a nessun luogo se non a quello del cuore.

Dal Sundance a Roma le infinite strade del cinema tornano a parlare della follia d’amore con Like a Crazy. Dopo essersi aggiudicato il Gran Premio della Giuria:U.S. Dramatic del prestigioso festival diretto da Robert Radford, il regista Drake Doremus affronta il pubblico della kermesse capitolina con l’evoluzione e la perseveranza di un sentimento che, oltre ogni possibile comprensione, tenta di opporsi ad ostacoli  tanto sterili quanto apparentemente insormontabili. Inserito nella scia del più classico romantic drama,  il film riesce a ravvivare gli elementi più prevedibili del genere, dimostrando che sul grande schermo la tematica amorosa può aspirare ad una collocazione alta purché sostenuta da uno stile cinematografico caratterizzato da una visione personale.  Ed è proprio attraverso l’utilizzo delle immagini che Doremus intreccia la struttura di una narrazione in cui alle parole viene riservato uno scopo, se non secondario, sicuramente funzionale. Pressante nella sua costante presenza, il regista sembra non abbandonare mai l’intimità fisica  di Anna e Jacob, cercando di catturare l’essenza di un momento impercettibile capace di raccontare il nascere e l’affievolirsi di una scintilla. A questa esamina costante di volti e corpi che, in un montaggio non artificialmente artistico, determinato il tessuto di un percorso temporale e personale, si sovrappone armoniosamente un utilizzo della materia e dell’oggetto cui viene attribuito il ruolo di allestire un palcoscenico animato per questo dramma d’amore capace di modulare l’antico attraverso una consapevolezza moderna. Così, immersi in un universo ampiamente sensoriale, i giovani interpreti Anton Yelchin e Felicity Jones si cimentano in una prova ben più complessa della più semplice rielaborazione. Lontani dalla disperata rappresentazione di un amante fatto prototipo, i due attori si confrontano sulla base di un dolore che, nonostante si nutra soprattutto di sguardi e parole non pronunciate, continua a vibrare con forza nella tenace ostinazione di non lasciare svanire l’inebriante pazzia che solo l’amore può regalare.

di Tiziana Morganti