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Gli Ultimi saranno Ultimi: la storia di una reazione

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Gli Ultimi saranno Ultimi: la storia di una reazione

Gli Ultimi saranno Ultimi

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Gli Ultimi saranno Ultimi

Storia di confine, un racconto di emozioni e attraverso esse dal forte messaggio sociale. Con Paola Cortellesi, Alessandro Gassman, Fabrizio Bentivoglio, Stefano Fresi, Ilaria Spada. Dall’omonima opera teatrale

Gli ultimi saranno ultimi, sempre, o c’è un momento in cui tutto cambia o può cambiare? E quale è questa fase limite di confine per il cambiamento? Il film omonimo di Massimiliano Bruno,  parte proprio da qui. È il racconto di una reazione o della reazione, poiché non è solo quella della protagonista, ma di tutti gli altri personaggi che le ruotano intorno. Luciana (Paola Cortellesi) è una donna normale, comune, che ama la sua vita semplice, anche anonima, ma serena e dignitosa. Fatta di piccole cose, ma che le bastano. Non ha mai reagito, è una che pensa e ripensa i fatti accaduti, che trattiene rabbia, rancore e sofferenze. Luciana Colazzi “ambisce al minimo desiderio garantito”come dice l’attrice. Quando perde gli affetti che la circondano, il marito e la sua amica la tradiscono, allora esplode. Rimane incinta e perde il lavoro, di cui rivendica il diritto. Decide di compiere un gesto disperato, quello di una donna stanca, ma lucida. La perdita del lavoro è solo una scusa,  sono l’anaffettività, le delusioni, la solitudine in cui sprofonda ad indurla a spingersi tanto oltre: “è l’anaffettività che uccide”, puntualizza Massimiliano Bruno. Perché, citando Bertold Brecht, si parte dal presupposto che: “tutti a dire della rabbia del fiume in piena e nessuno della violenza degli argini che lo contengono”. Cioè il film vuole indagare su tutto quello che ha portato alla reazione, che ne ha costituito l’elemento o i fattori scatenanti.

Tuttavia “è una storia che ha ancora il coraggio di dare e lasciare una speranza: il coraggio delle emozioni”, come l’ha definita la Cortellesi. “Un racconto con un forte messaggio sociale, né politico né religioso, coraggioso e necessario in un momento come questo”, ha aggiunto Alessandro Gassman (nel cast nel ruolo del marito Stefano). Infatti il motto del film è “Nostro Signore ha detto che gli ultimi saranno i primi, ma non ha detto di preciso quando”. “La qualità del film che proponi dipende dal messaggio che vuoi diffondere e non dalla quantità di drammaticità e comicità che proponi in una commedia”, ha evidenziato il regista.

Nonostante la religione sia presente ovunque, anche grazie alle potenti onde di Radio Vaticana, non c’è nessun indirizzo religioso. Una discesa agli inferi dal Paradiso, ma “forgiati dalle fiamme dell’Inferno, si è in grado di avere una reazione positiva, di compiere delle scelte importanti, anche se, quando passi all’Inferno, dentro di te qualcosa muore; in Luciana è la sua parte ‘da pecora’”, ha spiegato il regista. “Questo film mi assomiglia perché racconta in maniera struggente quanto si può riuscire a soffrire. C’è il voler resistere nonostante tutto”, ha voluto così spiegare il film Bruno. Per questo si torna a parlare di dignità, laddove nel film essa assume -come precisa Bruno- il senso di pari diritti ed opportunità tra uomini e donne nel mondo del lavoro, soprattutto in Italia che, non ci si deve dimenticare, è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. E dove donne incinte non devono essere discriminate come troppo spesso accade, come ha ricordato ed esortato Papa Francesco. In particolare poi, dignità è per il regista “anche il diritto a uno stipendio basso, grazie a cui si può vivere dignitosamente per quello che siamo”.

Da subito si è catapultati nella drammaticità della situazione con la scena iniziale. Ed essa si va continuamente ad incastonare nel racconto cronologico di ciò che accade alla vita di Luciana prima e durante la gravidanza.  I momenti di massima tensione sono sottolineati dalle musiche della colonna sonora, che rimarcano in particolare quanto la fatica di vivere per le difficoltà dell’esistenza stessa, sappia di speranza. Per ridare fiducia nella vita medesima a una donna che crede di non avere più alternative, che rivuole ciò che aveva prima, per quanto umile, che desidererebbe solamente un po’ d’attenzione, un gesto carino o una sorpresa dal marito, senza troppe pretese. Invece si ritrova con un marito che è “un menefreghista fallito”, ma, nonostante ciò, dopo una serie di scelte sbagliate, anche lui avrà la sua reazione. E così ne nascerà “un piccolo guerriero silenzioso con l’aria fiera e senza nemmeno versare una lacrima”, come viene definito il loro figlio Mario. Il che richiama la canzone “Gli ultimi”, intereptata da Paola Turci e Maurizio Filardo, che costituisce la colonna sonora con “Infinito” di Raf, “Quello che non c’è” degli Afterhours, per citarne alcune. Mario rappresenta, nell’ottica del regista, “la parte nuova del nostro Paese, il futuro dell’Italia che vogliamo sia uno Stato più libero”. In questa continua contrapposizione il gesto di un bambino che gioca con una pistola giocattolo si rispecchia nella ribellione ai soprusi e alle ingiustizie subite da Luciana, gridando quel no che dà l’avvio al cambiamento. Tuttavia, spiega la Cortellesi: “questa è una storia di confine: non ci sono il bene o il male, i buoni o i cattivi, la commedia o il dramma. C’è la vita. E le contraddizioni che legano i momenti lieti e quelli duri, la spensieratezza e la follia, la serietà e la leggerezza. Una storia che per questo motivo era urgente quando l’ho interpretata a teatro ( interpretata integralmente da Paola Cortellesi, che vestì i panni di tutti i personaggi per ben due anni dal 2005 al 2007, ndr.) e che considero più che mai attuale adesso”. Ed in questo perfetto equilibrio tra toni, l’invito dell’attrice è a dosare le reazioni e a farle uscire da dentro di noi poco alla volta nel momento giusto, invece che tutte insieme in maniera pericolosa perché incontrollata, come come capita a Luciana. E, ha voluto concludere Ilaria Spada (nei panni dell’amica Simona), “occorre avere il coraggio di esplorare altre cose, sempre, per uscire fuori dalla routine, dalla monotonia e soprattutto dalla ripetitività che ci porta a commettere ogni volta gli stessi errori per paura del nuovo, che deve affascinare e non spaventare”.

Per la trasposizione dal teatro al cinema dell’opera,  si sono ad esempio dovuti stravolgere i connotati dei singoli personaggi e delle loro battute, attribuendole ad altri. Allo stesso modo, nella vita, occorre essere disposti a perdere tutto, a gettare via tutto o a salvare poche cose del proprio passato per andare avanti e guardare al futuro: soprattutto buttare ciò che fa male, i rimpianti, i rimorsi, i rancori, i ricordi dolorosi, sostituendoli e tenendo solo con quelli lieti. Un po’ come fa Antonio (Fabrizio Bentivoglio) sparando. Anche lui un ultimo, una bomba pronta ad esplodere. E ad innescarla è, inconsapevolmente quasi, proprio colui che sembra il più passivo: Stefano (Gassman) col suo accendino della Lazio; anche questo un oggetto simbolico e metaforico come lo è il calcio, che può essere una piacevole passione sportiva quanto un’esplosione di violenza gratuita. Così come la fede, che può essere una forza che ci sostiene quanto la perdita del credo religioso è quasi la perdita di fiducia nell’esistenza e nella società.

Gli ultimi saranno ultimi sarà in programmazione da giovedì 12 novembre in 300 copie

di Barabara Conti