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The Voice of Italy: vita da Coach

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È tornata un’altra edizione di The Voice of Italy. Spazio alla sperimentazione, nella fase più delicata di tutte: quella delle blind. Quattro giudici totalmente diversi l’uno dall’altro, alle prese col captare il talento, ma soprattutto la personalità e il personaggio racchiuso dietro ogni concorrente. A scatola chiusa, ovvero con le spalle voltate e ascoltando soltanto appunto “The Voice”, la voce, cercando di coglierne veramente ciò che arriva e trasmette. La voce come via per arrivare all’anima di ciascuno. L’arduo compito, in questa stagione, spetta a Dolcenera, Emis Killa, Max Pezzali, Raffaella Carrà. La loro non è solo un’analisi critica, artistica, musicale, ma soprattutto un’arte di persuasione e di introspezione psicologica nello studiare attentamente ogni reazione più istintiva ed immediata,  sorta senza autocontrollo, che dia il pur minimo segnale dell’emozione provata in quel momento dal candidato. Il linguaggio del corpo e la CNV (comunicazione non verbale) dicono molto più di tante parole si sa. Non è facile perciò farne a meno, e riuscire a cogliere l’aspetto umano spesso celato dall’artista, all’oscuro di ogni imput visivo. Ma non è facile nemmeno, una volta “schiacciato il pulsante”, trovare l’approccio giusto ed indovinare il modo per convincere l’artista a scegliere il proprio team. Anche questa è un’abilità non trascurabile, che richiede celerità nel prendere al volo uno sguardo, un sorriso, un’espressione incontrollata.

The Voice of Italy: i coach

Voice-Cast

Questo rende più arduo il compito dei giudici, e può portare anche a più di un pentimento e rimpianto, ma dà valore aggiunto alle selezioni, comportando poi un’intesa maggiore all’interno del team e tra cantante e coach, per andare a lavorare meglio insieme. Non c’è solo logica dunque dietro ogni scelta, così estemporanea da richiedere maggiore ed estrema attenzione e concentrazione. I tempi sono rapidissimi, forse troppo e non permettono un approfondimento che forse sarebbe utile a volte. Valutare in tre minuti, in una sola esibizione un talento è difficilissimo. Questa un po’ l’impresa che i giudici devono compiere. Consapevoli, tuttavia, cercano di infondere tranquillità e mettere a proprio agio i concorrenti con un’atmosfera di familiarità. Tranquilli, sereni, rilassati, scherzano da veri amici con quella complicità ilare che regala qualche sorriso e simpatia, risultando piacevole e alleggerendo la tensione delle blind. Come disse Noemi, che fu in giuria lo scorso anno, “avere in mano i sogni delle persone da giudice è una grossa responsabilità”. Di ciò sono perfettamente consci ed è per questo che puntano sulla sperimentazione per cercare di dare quel qualcosa in più all’artista che possa farlo crescere e maturare. Si ricerca la novità e il giusto equilibro, non solo di timbro e intonazione, ma anche di impostazione melodica e vocale nell’esibizione. Sebbene la dimensione che si respiri sia quella di divertimento e di giocosa leggerezza, quasi una serata tra amici a discutere e ridere del più e del meno, non si manca di sottolineare la serietà del lavoro con critiche costruttive, sia positive che negative. I tempi sono concitati, troppo costipati forse, ma si dedica a tutti il giusto e meritato spazio. Si vuole ricordare che anche un no può essere più utile di tanti elogi, come ha voluto ribadire Emis Killa sulla base della sua esperienza personale.

In The Voice of Italy la vita da coach non è mai scontata, ed essere l’arbitro di un altrui sogno, è tutt’altro che semplice.