È proprio in questa realtà, che è nata e cresciuta
Sheryl Crow, ed è proprio al genere musicale che ha segnato la sua infanzia e la sua adolescenza, che la cantante americana ha voluto dedicare il suo nuovo album:
100 Miles From Memphis. L’idea, era quella di fare un disco
funky e spensierato, figlio della musica
black di quel periodo: il risultato, è in parte riuscito. A Sheryl Crow manca la voce delle grandi protagoniste della musica soul del passato ma, a modo suo, riesce comunque a regalarci dei “momenti felici”: il brano d’apertura,
Our Love Is Fading, è un ottimo
funk alla “vecchia maniera” con fiati a tutto spiano chiaramente ispirati all
’r&b Sam & Dave. La Crow ci prova, con un buon risultato, anche se siamo lontani dall’eccellenza dello storico duo. Bello il primo singolo estratto dall’album,
Summer Day: ottimista e gioioso come il video che lo accompagna, che racconta l’amore come fosse una giornata di sole al parco. Ci piace anche lo scanzonato
raggae di
Eye To Eye che, alla chitarra, può contare sulla partecipazione di un superospite:
Keith Richards. Ma le sorprese non finiscono qui: in
Say What You Want e
Long Road Home, Sheryl Crow ricorda le sue radici
country/rock mentre con
Peaceful Feeling fa un tuffo negli anni ’60 e nelle loro atmosfere hippie di quell’epoca. Ma come dicevamo,
100 Miles From Memphis, non mantiene tutte le promesse. In particolare, sono due i pezzi che destano qualche perplessità: il duetto con
Justin Timberlake in
Sign Your Name (successo degli anni ’80 di
Terence Trent D’Arby) vuole creare un ponte tra il vecchio e in nuovo
r&b, ma appare fuori posto. Stesso discorso anche per
I Want You Back: Sheryl Crow, a inizio carriera, fu corista per
Michael Jackson e, questa cover dei
Jackson 5, vuole essere un tributo all’artista recentemente scomparso. La voce cristallina della Crow sembra davvero quella di un ragazzino di 11 anni, ma c’entra poco con un disco che era partito da tutt’altre premesse.
100 Miles From Memphis è indubbiamente un album piacevole da ascoltare, con le dovute precauzioni: c’è la voglia di tornare alle origini con un approccio spontaneo e divertito ma c’è anche la paura di non piacere al pubblico. Per questo, il disco, in un certo senso resta sospeso in una sorta di “limbo”, insieme a una Sheryl Crow che avrebbe potuto osare molto di più.
di Lucia Gerbino