The Resistance è un disco nato dalla voglia di sperimentare e Matthew Bellamy, era stato piuttosto chiaro al riguardo: “
Ci sono alcuni brani che sono davvero influenzati dall’R&B contemporaneo, in particolare quello di Timbaland – ritmi pesanti, sincopati, molto melodici, parti vocali cadenzate… ma sul finale, l’album ha una svolta verso la musica classica. Non è un tipo d’orchestrazione che ti aspetteresti da una rock band! Le registrazioni sono state fatte a Milano con un’orchestra di 40 elementi – grandi musicisti e davvero disponibili a sperimentare.” Il primo singolo estratto,
Uprising, non aveva lasciato ben sperare: piacerà ai fans più recenti, quelli che, per questione d’età, riescono ancora a sentirci qualcosa di nuovo anche se, il brano, sembra un collage ben riuscito di varie hits pop/rock (da
Keeps getting better di Christina Aguilera a
Call me di Blondie passando per due brani di Marilyn Manson,
The beautiful people e R
ock is dead, che fungono da riferimenti ritmici) condito con un po’ di elettronica. Ma il resto è oro: la title track,
Resistance, è uno splendido inno all’amore dal ritmo incalzante e con un ritornello epico; in
United States of Eurasia /
Collateral Damage i Muse ci portano su un altro pianeta: citazioni colte (un estratto del Notturno in Mi bemolle maggiore Op.9 n. 2 di Chopin) atmosfere eteree, echi orientali e chiari riferimenti ai Queen mentre in
Guiding light, scelgono l’elettronica anni ’80 per raccontare la “via della speranza”. C’è spazio per brani complessi come
I belong to you (Mon coeur s’ouvre à ta voix) dall’atmosfera jazz, con un titolo preso in prestito da “Sansone e Dalila” e un Matthew Bellamy che si cimenta con il francese e non si fa mancare nulla, incluso, un clarinetto sul finale della canzone. Ma ci sono anche momenti meno brillanti come
Undisclosed desires (un brano quasi pop scritto alla maniera dei Depeche Mode, forse il più commerciale di tutto il disco), o più tipici come per
Unnatural Selection (apertura “ecclesiastica”, chitarre scatenate, cambi improvvisi di ritmo) o
MK Ultra (energico, molto elettronico, costruito su riff di chitarra e percussioni scatenate). Il gran finale è dedicato a
Exogenesis, un’opera in tre atti (
Ouverture, Cross Pollination e Redemption): un’introduzione pomposa apre la strada al racconto delle vicende di un’umanità tormentata, alla ricerca della salvezza. Troviamo un Matthew Bellamy in ottima forma che in alcuni punti “strizza l’occhio” a Thom Yorke, e in altri ammette colpevolmente la sua passione per la musica classica (ha sempre ben presenti Listz e Chopin). Forse non tutti i brani di
The Resistance si possono dire compiuti ma, quest’album, non delude le aspettative: è un disco sorprendente, appassionato e coraggioso, un regalo di Natale che, i Muse, hanno deciso di farci con largo anticipo.
di Lucia Gerbino