Dal 18 settembre Steven Soderbergh e Matt Damon “ci provano” con questa ostica pellicola
Anni 90, chimica, economia, truffe internazionali, tangenti sono questi gli ingredienti di The informant l’ultima pellicola di Steven Soderbergh tratta dal libro omonimo di Kurt Eichenwald e presentata in anteprima mondiale alla 66^ mostra del cinema di Venezia.
Protagonista assoluto è un evidentemente ingrassato Matt Damon che interpreta Mark Whitacre, un personaggio realmente esistito negli Stati Uniti colpevole di curiosi e quantomai arditi imbrogli.
La pellicola parte con gli avvenimenti successivi ad un improvviso calo della produzione della Adm, l’impresa di trasformazione chimica di cui Whitacre è vicepresidente. L’Fbi inizia un’indagine per scoprire un traffico illegale di batteri industriali diretti proprio verso l’Adm. Da questo momento in poi la storia prosegue in maniera confusa e tragicomica.
Le fattezze grottesche del personaggio interpretato da Matt Damon ben dipingono un carattere menzognero all’inverosimile, avido e perverso, ma grigio e insulso al punto da congegnare una doppia truffa all’insaputa di tutti. Fbi e Adm diventano vittime di un doppio gioco architettato nei minimi dettagli da Whitacre che per tutta la durata del film collabora dapprima con i federali, svelando i segreti più inconfessabili della sua ditta, per poi rivelarsi un incapace imbroglione degno di ben poca credibilità e alla ricerca di una paranoica e dissennata rivalsa sociale.
A fomentare questo aspetto, la regia di Soderbergh e le musiche del premio Oscar Marvin Hamlisch che tingono la pellicola di un’atmosfera anni 60 con fotografia opaca, baffoni dorati e orchestre funky. Niente di eccezionale purtroppo. L’idea di ridicolizzare in tutto e per tutto il personaggio di Whitacre e della sua folle corsa alla scalata sociale sono fin troppo marcate e per questo ridondanti nel film.
La lezione di quel cinema pronto a far muovere le menti col linguaggio dell’ironia e dello sberleffo non è ben applicata in questa acerba opera di Soderbergh. Altrettanto ridondanti sono gli infiniti, estenuanti e persistenti dialoghi o monologhi del signor Matt Damon che si è trovato a dare una seducente ed entusiasmante prova d’attore su una sceneggiatura, purtroppo, sfiancante. Quando si sceglie un film di Steven Soderbergh si sa che di certo non si andrà a vedere un insieme silente di piani sequenza o dettagli. Questa volta, però, l’impressione di essere travolti da un fiume di parole supera ogni pregressa conoscenza e riduce The informant ad essere un ottimo esercizio di stile per Damon incapace di rendere leggibile per il pubblico una storia neanche troppo complicata.
di Roberto Pagliarulo