Precipitosamente verso lo scopo
Quella di Vincenzo Cardarelli (1887-1959) è una poesia che, come ha scritto il poeta stesso, “corre precipitosamente allo scopo”. La vitale sensazione che suscita questa espressione ha il senso di un clamoroso prodigio.
E qual è lo scopo della poesia di Cardarelli? Se fossimo a digiuno di poesia potremmo anche dire che, per suo conto, Cardarelli ha inventato cose, costruito giostre del sentimento, immortalato sequenze del vivere in sintagmi assoluti. Ma siccome non siamo a digiuno di poesia, perché è più evidente non la conoscenza, ma il fatto che un frammento di essa sia custodita in noi, si può invece affermare che Cardarelli abbia scritto cose con l’obbiettivo di rafforzare quelle giostre, rinvigorire quei sintagmi e per eternare di nuovo spazi a cui la corsa delle avanguardie aveva dato altri esiti. Cardarelli scrive non per riscrivere cose già dette, ma per riscrivere cose da cui non è possibile slegarsi. In questo senso quella di Vincenzo Cardarelli è la poesia della ragione. Una ragione come veduta sulle cose che accadono, andando quasi al di là delle parole, esprimendo cioè quello che non può non essere espresso. Un tema cruciale della poesia è questo: “dire di sé” per non “tradire gli altri”. Allora, siccome ogni critico è chiamato al raccoglimento dinanzi a tali istanze, non è mai peregrino affermare che i giudizi che si danno sugli scrittori dipendono da quanta speranza essi riescono ad infondere nell’opera. Cardarelli ha immesso nella sua opera quella volontà, e quindi quella speranza, di saper riconoscere i temi dell’esistenza in senso così inalienabile, da condurre questi stessi ad uno spiccato e folgorante rigore. Cosa c’è di più rigoroso dell’amore, della morte, dell’esistenza, nel suo quadro d’insieme così multiforme e compatto? Nulla. Parafrasando una tesi di Walter Benjamin, si può dire che Vincenzo Cardarelli abbia scritto le poesie che ha scritto per farci accorgere di noi stessi senza spavento. Ecco la ragione che si esplica, ecco che appare nitida; ecco il senso e il giudizio di uno scrittore che desidera e chiede, con decisione, un punto d’incontro sulle contingenze. Si può non essere d’accordo su questo, ma si può altrettanto affermare che Cardarelli con la sua poesia abbia voluto esprimere l’essenziale, come un padre anziano o un uomo che abbia vissuto la sua esistenza sul limite di nostalgie e abusi. Per rendere omaggio a questo “imperativo cardarelliano”, allo stesso tempo così dolcemente leopardiano, così dolcemente – perché no? – sovversivo, e per dare ragione al sunto di una storia, che è la storia di un uomo, in cui pensiero e vita vanno di pari passo, questi versi mostrano come l’intricarsi di una trama sia, al di là della critica e dell’opinione, il segno distintivo di un universale che avanza:
“Brevi sono le forme |
che il caos inquieto produce.|
La vita è fiamma vinta.|
Ogni cosa è costretta |
in uno spazio imperioso. |
Ascese immani s’appuntano |
al vertice di un’ora |
per ricadere dolorosamente |
in una perduta impotenza. |
Se poi ci si rialzerà, |
non è certo. |
A volte il destino divaga. |
Attese di anni non bastano |
a dar tempo di giungere a un momento. |
E noi stringiamo la grazia |
come una mano che si ritira. ||”
di Domenico Donatone