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Festival del Film di Roma 2013: Intervista a Takashi Miike, Toma Ikuta e Noboru Takahashi

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Festival del Film di Roma 2013: Intervista a Takashi Miike, Toma Ikuta e Noboru Takahashi

FIFR 2013 - Mogura No Uta 001

Mogura No Uta (The Mole Song)

Takashi Miike torna a Roma con uno dei film più applauditi dell’ottava edizione del festival, Mogura No Uta(The Mole Song), presentato nella sezione In Concorso. Il regista giapponese cambia di nuovo rotta abbandonando il torture-movie in stile Ichi The Killer e l’horror di stampo più classico come Il Canone del Male (presentato nel 2012 proprio al Festival di Roma), per tornare a un altro genere a lui molto caro: la commedia. Questa volta prende spunto dal cult manga di Noboru TakahashiMogura No Uta, “La canzone della Talpa”, storia di un “infiltrato speciale”.

Protagonista delle vicende è Reiji Kikukawa, un giovane diplomato con il punteggio più basso nella storia dell’Accademia di Polizia. Impiegato come poliziotto di quartiere, Reiji è impegnato giornalmente a scrivere lettere di scuse a causa dei danni provocati. Ma le sue scarse doti sono ormai motivo di vergogna per le forze dell’ordine e costringono il capo della polizia, Sakami a licenziarlo… almeno “sulla carta”: in realtà gli viene ordinato di infiltrarsi nella yakuza (la mafia giapponese) come agente sotto copertura, per catturare il pericolosissimo Shuho Todoroki, capo del più grande clan del Kanto. Diventare il braccio destro di Masaya “Farfalla pazza” Hiura, capo di un sottoclan di Todoroki, sarà solo l’inizio dell’avventura di Reiji, che non tarderà a trovarsi in situazioni al limiti del paradossale, mettendo a rischio la sua vita e quella degli altri.

Abbiamo incontrato il regista di Mogura No Uta, Takashi Miike, il protagonista Toma Ikuta e l’autore del manga Noboru Takahashi.

  • Il film è una cop-comedy che parte con delle invenzioni esilaranti ma che a un certo punto sembra prendersi sul serio. È una scelta voluta?

Takashi Miike: «Chi conosce il mio cinema sa che mi sono sempre piaciute le storie che riguardano la yakuza. Però bisogna tener conto di tanti fattori: è una questione interna al Giappone che, quando viene trattata in modo ordinario, attira pochi spettatori al cinema mentre dalle nuove generazioni è vista come qualcosa che appartiene al passato. Invece è una questione che riguarda tutti. Quindi ho fatto questo film per far divertire tutti gli spettatori ma, visto l’argomento, ho dovuto affrontare anche dei momenti più seri.»

  • Noboru Takahashi, parliamo di Reiji: un poliziotto imbranato e che si mette in situazioni rischiosissime. Com’è nato questo personaggio?

Noboru Takahashi «Quando creo un personaggio cerco sempre qualcuno che possa raccontare quelle che sono le mie emozioni: Reiji in questo senso ha anche qualcosa di me. Quello che mi piace di lui è il suo essere imperfetto. Inserirlo in un contesto come quello della yakuza, poi, significa metterlo in una situazione altrettanto imperfetta.»

  • Quanto è stato rispettoso il regista nei confronti del manga originale?

N.T.:«Non posso lamentarmi. Takashi ha rispettato il mio fumetto al 95% e di quello che ha aggiunto mi piace davvero tutto.»

T.M.: «Non avrei potuto fare altrimenti. Questo manga è famosissimo in Giappone e so che i fan avrebbero voluto il film nell’assoluto rispetto dell’originale.»

  • Toma Ikuta, lei è molto famoso in patria ed è prettamente un attore di “dorama” (n.d.r. format tv tipico giapponese che mescola action, pop e storie personal-sentimentali)e di teatro. Questo è il suo primo ruolo da protagonista con Miike. Com’è stato lavorare con lui?

Toma Ikuta: «È stata un’esperienza straordinaria. Takashi non ci dice nulla finché non arriviamo sul set quindi, ogni giorno, era una sorpresa! È molto abile a dirigerci ma devo dire che ci lascia anche liberi. In questo senso ho potuto dare al mio personaggio quello che volevo.»

  • Reiji ha tante sfumature diverse: come si è preparato ad interpretarlo e cosa le piace di lui?

T.I.: «È un ragazzo estremamente normale. Di lui mi piace il fatto che potrebbe essere chiunque. Per quello che riguarda lo studio del personaggio, tendo sempre a entrarci dentro partendo dall’esterno: l’aspetto fisico, il suo modo di vestirsi e di muoversi. Devo dire che in questo Takashi mi ha molto incoraggiato a seguire la mia ispirazione.»

  • Miike, in Mogura No Uta ogni personaggio è rappresentato da un animale diverso: quanto di questa caratterizzazione c’era già nel manga e quanto ci ha messo lei?

«Era una caratteristica che c’era già nel fumetto di Noboru. Quello che ho potuto fare io, l’ho fatto in fase di casting: ho scelto ogni attore in base all’alter ego animale e la combinazione attore-personaggio ha fatto il resto. Mi piace il risultato scaturito dal mix delle due cose.»

  • Lei è un regista poliedrico: ad oggi ha fatto film estremamente violenti, horror di stampo più classico e commedie esilaranti come questa. In quale genere si trova più a suo agio e quale sembra preferire il suo pubblico?

«Io cerco di fare sempre cose diverse. In generale, credo che al mio pubblico piaccia vedere il sangue e credo anche che la violenza sia un mezzo che, come regista, mi aiuta a entrare in profondità nella psiche umana. Ma la commedia mi permette di esplorare cose diverse. Di Mogura No Uta, ad esempio, mi hanno attirato sia il personaggio di Reiji, che il contesto della yakuza.»

  • Ci sono dei film o dei registi, giapponesi o internazionali, che lei ha come punto di riferimento per il suo cinema?

«Certo. Direi Paul Verhoeven su tutti: sono sempre stato un suo grande fan.»

  • All’estero i suoi film vengono puntualmente presentati ai festival e il pubblico sembra divertirsi. Ma lei fa film per il pubblico. Come spiega il fatto che, in molti casi, non vengano distribuiti?

T.M.:«È una domanda che mi faccio anch’io. Ieri sera, durante la proiezione di Mogura No Uta, la gente si è divertita parecchio e di questo sono molto contento. C’è stata una grande energia in sala. Non voglio dire nulla… vediamo cosa succede!»

di Lucia Gerbino