Da vento a uragano: Lucy “si racconta” nel documentario di Andy Byatt e Cyril Barbançon
All’inizio è soltanto una brezza lieve che disperde la sabbia, ma poco dopo inizia a parlare di sé: è il vento, non un vento qualunque, ma quello che dopo poche scene si trasformerà nell’uragano Lucy, una delle più grandi catastrofi naturali degli ultimi anni. I registi francesi Andy Byatt e Cyril Barbançon hanno seguito il fenomeno per 3 anni e ne hanno tirato fuori Ouragan, l’odyssée d’un vent: un viaggio che inizia in Senegal e che passerà per Porto Rico e Cuba, raccontato anche dalle immagini dei centri meteorologici internazionali e quelle della NASA.
Un documentario di altissimo livello in cui è la tecnica narrativa a fare la differenza: il vento prende corpo in una voce fuori campo, le persone coinvolte nel disastro naturale si lasciano riprendere, ma anche loro sono voci che raramente parlano in camera. Davanti al terribile e splendido spettacolo dell’uragano, lo spettatore dubita più volte che si tratti di qualcosa di reale: gli splendidi panorami sottomarini immortalati dalle riprese subacquee, le strade colpite dall’uragano, gli sguardi impauriti degli animali di fronte a un disastro imminente sulla terraferma, hanno un che di surreale, ma sono le testimonianze degli abitanti dei luoghi colpiti a confermarci che è tutto vero.
Buona l’idea del 3D (anche se in alcuni punti del film la resa non è perfetta) che aumenta l’efficacia della eccellente fotografia dello stesso Barbançon, ulteriormente esaltata dalla colonna sonora di Yann Tiersen.
Ouragan, l’odyssée d’un vent è un film da vedere con la consapevolezza di non andare a seguire un romanzo per immagini: quello di Lucy è il vero racconto della dualità della natura che scatena la sua ira ma, senza la quale, l’equilibrio degli elementi risulterebbe impossibile.
di Lucia Gerbino