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La Scelta di Michele Placido

La Scelta

La Scelta

La Scelta

La forza della decisione di una coppia controcorrente che affronta insieme il dramma di una violenza. “Nessuna visione (anti)abortista o eroina femminista”, afferma il regista Placido. Emotività ed umanità garantite

“Una straordinaria storia d’amore dedicata a tutte le donne, ma che ha appassionato anche gli uomini, facendo scendere qualche lacrima di commozione”. Così il regista Michele Placido ha definito il suo ultimo film: “La Scelta”, liberamente ispirato alla commedia di Luigi PirandelloL’Innesto”. Nel cast del film Ambra Angiolini e Raoul Bova. “La scelta” verrà presentato anche al Festival Internazionale del Cinema di Pechino, la cui quinta edizione si terrà nella capitale cinese dal 16 al 23 aprile prossimi. Si tratta l’argomento senza voler giudicare né criticare, ma anzi mostrando sia il punto di vista maschile, che femminile, che quello di tutte le persone che ruotano intorno ai protagonisti. Senza pregiudizi.

Michele Placido è stato da sempre innamorato di Pirandello, tanto da recitarlo per la tv, diretto da Marco Bellocchio, ne “L’uomo dal fiore in bocca”, di cui ha allestito anche uno spettacolo teatrale; così come ha fatto per “La carraiola” (dove era in scena con il premio Oscar Murray Abraham) e con “Così è se vi pare”, dove ha diretto a sua volta Giuliana Lojodice. Un tributo encomiabile, il suo, per un’opera rimasta nell’oblio per anni: solamente Luca Ronconi usò “L’Innesto” per un laboratorio con gli allievi della sua scuola di teatro in Umbria.
Scegliere significa vivere. Ogni scelta consapevole presuppone l’accettazione volontaria delle conseguenze che implica, sia positive che negative. Questo film invita a guardare agli aspetti positivi di una situazione inizialmente tragica. Ma, sebbene il regista non trasformi la pellicola in una commedia, non sembra neppure estremizzare troppo sul lato più tragico dell’argomento. Di fronte al difficile bivio in cui si trovano i protagonisti (Laura e Giorgio), lei compie una scelta etica, di coraggio, senza porsi troppe domande, anzi rispondendo facendone un’altra al marito: non ti ricordi l’amore? Ovvero non vuole che il male subito, quella violenza, ricada sul bimbo che aspetta; vuole invece che sia fonte d’amore, che alimenti l’amore che c’è sempre stato tra lei e Giorgio; che diventi un frutto maturo e dolce e non resti aspro ed acerbo, rischiando così di inasprire e pregiudicare il loro rapporto o di lasciare dell’amaro in bocca alla loro storia. Alla protagonista non interessa tanto sapere chi sia il padre, quanto sapere di essere pronta a crescerlo nell’amore, con l’affetto di una vera madre. Quasi a ringraziare, comunque, per quel dono di maternità che ha ricevuto, sebbene in modo violento, in contingenze poco serene e liete.
In questo è straordinaria l’interpretazione di Ambra Angiolini, intensa, profonda, molto toccante e commovente, piena di passione, passionalità, di sentimento verace… sembra di poter sentire il suo dolore e la sua sofferenza, specialmente in una scena girata con la sola sua espressione, senza parole. Qui massima l’abilità della regia di Placido nel girare la scena e nell’adattare la sceneggiatura alle esigenze della trama. Una teatralità che sa di realismo. E non a caso il regista ha scelto l’attrice proprio vedendola a teatro in “La misteriosa scomparsa di W” di Stefano Benni.

Con questo film si vuole andare oltre gli stereotipi, nonostante Laura porti in faccia i lividi della violenza subita. Nella sua scelta c’è insita la volontà di andare contro ogni omologazione, di non fare quello che tutti si aspetterebbero da lei e che gran parte delle altre donne farebbero. Anzi si vuole andare contro ogni forma retorica di trattare il problema. Esplicito il regista Michele Placido nello spiegare che ha “affidato ad attori popolari i rispettivi ruoli per far sì che il pubblico che ama i nostri beniamini entri nel fulcro del tema, affinché sia argomento accessibile a tutti”. Per tale motivo ha compiuto delle significative variazioni al testo originale della commedia. Ambientata di base in un parco di Roma, a Villa Giulia,  dove Laura Branti era andata a dipingere e dove subisce il brutale stupro, la location viene spostata in Puglia, a Bisceglie. La cittadina pugliese è sostanzialmente un non luogo e la storia potrebbe svolgersi ovunque, senza tempo, senza epoca. Però l’ambientazione a Bisceglie ha il senso di favorire l’avvicinamento della gente alla vicenda e alla tematica. Per il regista è stata una città ideale con la sua pietra di origine gotica che la caratterizza.  Roma, città troppo spesso al centro di fatti di cronaca, era troppo dispersiva e comune.

Nella costruzione del film è stato molto importante l’apporto delle musiche della colonna sonora scritta da Luca D’Alberto, che accompagna le scene aumentandone la percezione emotiva. La decisione di fare di Laura un’insegnante di musica è stata importante anche per valorizzare la musica come esigenza emotiva che accompagna le vicissitudini evolutive della psiche del personaggio.

La coppia principale funziona, anche grazie all’ottima prova del coprotagonista Raoul Bova che interpreta Giorgio, personaggio dotato di una sensibilità, una delicatezza, una dolcezza che equiparano la sua sofferenza a quella patita dalla sua compagna di vita. L’armonia percepibile tra i due i due attori, deriva anche dal fatto che avevano già lavorato insieme  in “Viva l’Italia”e in “Immaturi”, ed è un elemento che di sicuro ha giovato alla realizzazione di questo nuovo lavoro.
Straordinaria l’umanità interpretativa del cast: l’argomento non facile che è alla base della trama li sembra coinvolgere con delicatezza e sensibilità. Così come significative, impressionanti e fonti di profonda riflessione, sono le parole di Ambra Angiolini quando dice di essersi ispirata al pensiero che molte donne sembrano fare in tali circostanze, riportato in un libro di Dacia Maraini: “molte non oppongono resistenza alla violenza poiché sperano che tutto possa finire il prima possibile”. Parole struggenti, che gelano il sangue. Così come colpiscono al contempo la forza e la fragilità di Laura e Giorgio: entrambi si sorprendono deboli di fronte a tale dramma, ma si riscoprono forti nel superare in coppia la difficoltà. “È la reazione di questa coppia che è importante. E credo che sia necessario un film che parli di questo”, è il commento di Bova. Si tratta di un dramma o un melodramma, o “un thriller sentimentale psicologico”, come lo definisce Placido, con un lieto fine in fondo. La dinamica di coppia e la problematica della vita di coppia, della ricerca di un figlio, dell’accettazione di uno anche non proprio, possono essere riadattate a diverse situazioni, non necessariamente strettamente connesse ad una violenza sessuale.

di Barbara Conti