
Con
Simon Konianski,
Micha Wald presenta una storia sulla famiglia, sul rapporto tra le ultime generazioni e la religione ebraica, sul raccoglimento attorno ai momenti cupi della storia universale, scegliendo toni divertenti e regalando al pubblico grasse risate.
Attraverso una commedia animata dall’avventurosa incursione del genere
road-movie, Wald porta a riflettere senza mai appesantire, dimostrandosi in perfetta sintonia con quello humour frizzante caro alla cultura yiddish. Simon è un fannullone senza troppa voglia di crescere, ha un figlio che adora ascoltare i racconti del nonno sui campi di concentramento, ama una ballerina goy che lo ha appena lasciato, e dal momento che non ha un lavoro fisso torna a vivere con il padre Ernest. La morte inaspettata del padre provoca in Simon il bisogno di riconnettersi con lui in un rapporto sempre rifiutato, innescando uno spassoso viaggio alla ricerca delle origini. Con un cadavere in macchina, un bambino strappato alla scuola, uno zio paranoico, una zia logorroica, Simon parte per esaudire l’ultima volontà del padre. Ernest non gli ha mai confessato il suo matrimonio con Sara, suo primo amore, e la volontà di essere sepolto accanto a lei. L’esistenza di un segreto nella vita di Ernest sprona Simon a saperne di più e il rapporto padre-figlio, ostacolato fino ad allora dalle difficoltà comunicative dettate da mondi troppo distanti, è destinato a rinsaldarsi durante il percorso intrapreso da Simon e guidato dal fantasma di Ernest. Tappa obbligata di un viaggio all’insegna di incontri strampalati, imprevisti e intoppi di vario genere, è il campo di concentramento di Majdanek, luogo in cui Ernest riuscì a salvarsi la pelle con un improvvisato e penoso nascondiglio e dove Simon rivive con commozione le sofferenze del padre. Simon Konianski è una commedia ben calibrata dove l’allegria musicale del cha cha cha e della samba controbilancia la serietà degli argomenti (molti dei quali hanno forti rimandi autobiografici), così come l’archetipica figura del rabbino a cui gli ebrei più anziani sono soliti rivolgersi è spogliata di solennità e arricchita invece di tratti comici e irriverenti. Non è difficile scorgere un trait d’union con i fratelli Coen, se non altro per lo humour e la comicità di alcuni personaggi e situazioni. Presentato al
Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione “
L’altro cinema extra”, interpretato da attori brillanti come
Jonathan Zaccai (Simon Konianski) e
Popeck (Ernest) e girato da un regista giovane ma con già alle spalle esperienze molto valide (
La nuit, tous les chats sont gris, Les galets, Alice et moi, Voleurs de cheavaux), Simon Konianski è un viaggio esilarante assolutamente da non perdere.
di Francesca Vantaggiato