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Midnight in Paris: l’ultimo capolavoro europeo di Woody Allen

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Midnight in Paris: l’ultimo capolavoro europeo di Woody Allen

In attesa di Bop Decameron, in uscita il 2 dicembre uno dei più riusciti film del regista Newyorkese

Scelto come apertura dello scorso Festival di Cannes e riproposto nella sezione Festa Mobile del Torino Film Festival, Midnight in Paris ha per protagonista Gil (Owen Wilson), sceneggiatore hollywoodiano con velleità di romanziere, che si trova a Parigi, insieme alla fidanzata Inez (Rachel McAdams) e ai futuri suoceri, per una breve vacanza. Tutto sembra procedere noiosamente fino a quando, una sera a mezzanotte, Gil si ritroverà catapultato nella Parigi degli anni ’20 incontrando i suoi miti di sempre: Ernest Hemingway, Jean Cocteau, Pablo Picasso, Luis Bunuel, Man Ray, Braque, Scott ed Ella Fitzgerald, Dali’ (un divertente quanto inaspettato Adrien Brody) fino ad arrivare ad Adriana (Marion Cotillard), musa di Picasso e non solo, di cui si invaghisce Gil.

Giunto al suo 43° lungometraggio, con una media di un film all’anno, Woody Allen è, e si spera, resterà ancora a lungo una delle certezze più riuscite e affascinanti del cinema moderno. Paraddossalmente, abituati soprattutto in quest’ultimo periodo da film ripieni di effetti speciali – e, a volte, solo quelli – i film di Allen riescono ancora a conquistare lo spettatore per la loro capacità di raccontare storie e personaggi dagli innumerevoli problemi esistenziali e paranoie con la nonchalance di cui solo Woody è capace. Perché in tutti i suoi film si parla di personaggi insoddisfatti, alla costante ricerca di qualche cosa, di un fine che se arriva trasforma la storia in una favola malinconica e se non arriva ci fa gustare comunque la vita, così com’è.

Inevitabile guardare Owen Wilson e riconoscere nelle movenze, negli sguardi un po’ persi e un po’ sognanti, nel modo insicuro di parlare, il Woody Allen dei primi film in cui lui stesso era il protagonista. E il Wilson in scena è di una naturalezza disarmante, lui che spara battute straordinarie e geniali come se stesse parlando del tempo o di dolciumi.
Inutile dire – ma lo diciamo – che il film è una piacevole carrellata di personaggi, di luci, di colori, di parole a non finire e ce ne accorgiamo sin da subito; al contrario della maggiorparte dei suoi film – che iniziano con i titoli di coda, su sfondo nero e con un motivetto jazz di accompagnamento – Midnight in Paris racconta sottoforma di immagini una giornata a Parigi, dai luoghi più conosciuti, alle stradine più sperdute fino ad arrivare alla Tour Eiffel illuminata nella notte. Un incipit che ricorda in parte quello di Manhattan e poi ci catapulta all’interno dell’universo di Gil: uno sceneggiatore che vorrebbe essere uno scrittore, un americano che vorrebbe vivere a Parigi, un uomo degli anni 2000 che vorrebbe vivere negli anni ’20. Un personaggio insicuro, alla ricerca di ispirazione e comprensione, sensibile e malinconico, anche un po’ bambino che in questa favola moderna incontra i suoi idoli, gli artisti che da sempre ammira e da loro impara che non si può vivere di ricordi quando si ha a disposizione tutt’un presente, a suo modo, carico di sfumature.

Di Francesca Casella