La rivoluzione ha inizio. Dal 23 settembre al cinema
Intenzionato a trovare una cura per far guarire suo padre dall’Alzheimer, il dottor Will Rodman (James Franco) sperimenta un farmaco innovativo su uno scimpanzé, con lo scopo di monitorarne eventuali esiti positivo (quanto negativi). Contro ogni aspettativa, però, lo scimpanzé sviluppa col tempo caratteristiche fisiche e mentali spaventosamente affini ad un comune essere umano.
Immaginario sequel del capolavoro cinematografico Il pianeta delle scimmie del 1968 (di Franklin J. Schaffner), L’alba del pianeta delle scimmie è un film sorprendente e decisamente al di sopra di ogni aspettativa. C’è quasi una sottotrama nascosta, una poesia segreta che si cela sotto questo prequel targato Fox. Nel guardare un’orda di scimpanzé scalmanati comportarsi esattamente come esseri umani dotati di intelletto, il paragone con il genere umano è assolutamente inevitabile: posto che talvolta risulta davvero difficile ricordarsi (se non per le sembianze scimmiesche) che Caesar è semplicemente uno scimpanzé, sembra quasi che l’umanità che d’improvviso pervade il mondo animale superi di gran lunga quello degli uomini stessi.
Guardando con attenzione una pellicola come questa, tuttavia, sovviene un altro tipo di paragone: quello con il remake del Pianeta delle scimmie realizzato da Tim Burton nel 2001. Un paragone inevitabilmente destinato a non reggere, se si considera che il prequel diretto da Rupert Wyatt si rivela migliore dell’”incidente di percorso” di Burton non soltanto nell’originalità dello sviluppo della trama, ma anche e soprattutto nello stile, nella messinscena e nelle sue intenzioni.
di Luna Saracino