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Il cecchino, di Michele Placido

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Il cecchino, di Michele Placido

Il cecchino - Le guetteurTre mostri sacri del cinema francese diretti da un esecutore “criminale”, nel taglio di ombre polar Mathieu Kassovitz contro Daniel Auteuil dall’1 maggio

Non chiedetegli perché, lui non risponderà. La parola è accessorio per altri racconti. Il cecchino osserva, respira e punta. Inquilino abusivo di una vita anonima. Ladro? Killer? Uomo senza passato. Quale presente?

Guardie e ladri al tempo della “sfida” manniana? Scampolo di “genere” con un gruppo folto di divi intransigenti e maestosi, picchettato da budget hollywoodiano? Oppure ibrida scienza del noir mitigata dalla passionalità performativa della “piovra”? Michele Placido si misura con un copione torrenziale, scritto a quattro mani da due ambiziosi sceneggiatori al loro esordio. Porta oltralpe, invischiati in un duetto a distanza straziato, la figlia gentile e immota (Violante Placido) e lo “zingaro” romantico Argentero, tra case “sicure” e boschi infidi. Ma sono i tre attori-autori francesi al centro della scena a tradurre magnetici e decisivi la pellicola. Daniel Auteuil (il capitano Mattei) febbrile e abulico, morso dal ricordo del figlio ucciso in Afghanistan; Mathieu Kassovitz (Vincent il cecchino) vulcano imperturbabile: Olivier Gourmet (il dottore), macellaio borghese, sadico e avido. Tre uomini sul ring shakespeariano di esistenze al bivio, improvvisamente connesse. Vivi nei gesti compulsivi e insieme ibernati, predetti, di una danza metodica e crono-logica, rapida e facile come lama dentro friabile carne.

Faccia a faccia, piatto imbandito. Nello scambio quasi muto Capitano-Cecchino il vuoto in attesa di una storia. Titoli di testa, sfumata minaccia. Centro parigino, unica centrifuga scena di compresenza, destabilizzante (de)collage: la strada che fiancheggia la banca, bolla di traffico ovattato e di sportelli nervosi; l’auto dei rapinatori in allerta; i poliziotti che accerchiano la gang; l’apparizione indiretta del cecchino, che spara dall’alto costringendo in fuori gioco decine di braccia. Il flusso deflagrato nell’inseguimento in macchina, che isola i personaggi ma rapprende i destini. Il rapinatore ferito, il medico clandestino, il rapinatore morfinomane, il bottino occultato, il gruppo che si sfalda dietro sospetti e patti. Il cecchino Vincent si nasconde, il medico lo denuncia per arraffare l’intera refurtiva e inizia una lunga scia di sangue. Vincent finisce in cella e medita una autolesionista ma efficace evasione. Innescata, trappola dopo trappola, la dama dei ruoli. Un passo dietro il capitano Mattei (un volto-cicatrice il magistrale Daniel Auteuil), che cerca indizi sul cecchino nei dossier top secret dell’intelligence, e trova un nesso tragico, con la morte del proprio figlio.

Un passato taciuto in Medioriente, tradimenti, sevizie, donne violate, criminali romantici, esecuzioni evitate, uomini braccati, dalla strada alla foresta. Placido dirige il cecchino (a sua volta regista di successo, Mathieu Kassovitz, perfetto perché indeterminabile) decomponendo il racconto in monologhi visivi che fragili e mai invasivi sfiorano verità solo latenti. I profili dei protagonisti e la fotografia meticolosamente “calibrata” sono l’unico simbolo di condanne e assoluzioni. Dirottando gli indizi da un volto all’altro, Placido stringe sugli attori, minuto dopo minuto. Il contraccolpo della realtà fuori controllo sulle facce, il lampo nel vetro nella baracca, la grata che filtra i corpi muti ma urlanti. La verità non esiste, la verità “diserta”. Placido asseconda la sottrazione verbale delle emozioni. Inscenando la caccia, ripercorrendo (troppo) sobrio le orme di Friedkin e Mann, il regista comprime la carnalità virulenta del proprio “fare” cinema, affidandosi a’l’ impeccabile di Gourmet, pedina impazzita salvifica e al contempo comprimario sviante. Che a tratti oscura il percorso dolente dei due giganti senza futuro, Auteuil e Kassovitz.

Quale botteghino, ora, nel “mirino”?

 

 

TITOLO E CAST

Il cecchino

T.O. Le guetteur

Regia Michele Placido

Con Daniel Auteuil, Mathieu Kassovitz, Olivier Gourmet, Francis Renaud,

Violante Placido, Luca Argentero

Sceneggiatura e dialoghi di Cédric Melon e Denis Brusseaux

Fotografia Arnaldo Catinari

Montaggio Sébastien Prangere e Consuelo Catucci

Prodotto da Fabio Conversi

Francia/Belgio/Italia 2013

Durata 89’

In sala dall’1 maggio

di Sarah Panatta