“Nove attori straordinari. Dieci ruoli. L’arte è sempre un attentato sociale. L’attore è sempre un attentato” aggiunge Lauro, “raccontandoci” il cast “Con questi nove attori il lavoro è iniziato sin dai provini. Cercavo la consapevolezza dell’ officina, guardavo le loro mani, le loro orecchie, provocandoli , esasperandoli. Ho visto 480 attori in cinque mesi. Quando ho ufficialmente cominciato le prove ho consegnato loro il testo ed ho cominciato a fare il vigile urbano: dirigere il traffico.”
Ed è diretto in modo mirabile, aggiungerei. Ma cos’è che ha portato Lauro Versari a sfidare il duo Forman-Nicholson?
“ Il romanzo di Ken Kesey e la mia perenne sfida/lotta al provincialismo italiano”
ci risponde con un certo (giusto) orgoglio. E in effetti l’acting di questi attori ci trasporta veramente dentro un ospedale, e con un ottica per nulla italiana, ma assai più vicina al modus operandi americano.
Cos’è per te la follia?
“Paura, malattia, ossessione, smarrimento, ma anche terapia, dinamiche creative, invenzione, sono innumerevoli e contraddittorie le figure che popolano il nostro immaginario quando ci confrontiamo con la follia, quando ci lasciamo interrogare da questa. Fenomeni di esclusione, l’incapacità di riconoscere la follia là dove ha origine, nella vita degli individui di cui la società si compone, spingono a rimuovere o allontanare il folle dalla nostra condivisa normalità. Chi soffre di disagio mentale rischia così di essere omologato, attraverso la sua riduzione ad una identità stereotipata, oppure escluso, stigmatizzato, a volte annientato, dall’uso o abuso di strumenti e parole terrificanti. L’esperienza della follia e il disagio che l’accompagna possono però diventare anche un’occasione di riscatto e di sperimentazione, l’inizio di un tragitto di reinvenzione di sé: nella cura, nelle forme artistiche, nel fare assieme, nel self help. Pratiche in cui la differenza tra la nostra mente e quella di chi è differente da noi non crea discriminazione, ma una messa in discussione reciproca, uno spazio di critica.”
Ed è in questo spazio, ai limiti del border line, che attori e spettatori si incontrano in quella che è stata definita (e non a torto) una vera e propria “regia evento”, un happening di comunione fra la nostra follia e quella rappresentata, nella quale i ruoli si possono scambiare, ribaltare, alternare, ma sicuramente mai giudicare.
“Lo scopo del teatro è provocare eventi. Le uniche impronte che lascerà saranno incise all’interno degli esseri umani e si manifesteranno in cambiamenti psicologici. Nessun genio ha mai fatto il teatro per fare teatro. Nessuno fa letteratura per fare letteratura. Nessuno vive per vivere. Così più o meno, chiosa Tommaso Landolfi nel suo Rien va.”
Ringraziamo Lauro Versari per questa intervista incentrata sul suo ultimo lavoro “Qualcuno volò DAL nido del cuculo”
di Chiara Alivernini