Come ci siamo arrivati
A poco più di un decennio dal fallimento delle rivoluzioni del ’48-’49, il processo di unificazione nazionale italiana si realizzò in tempi straordinariamente rapidi e con modalità non previste nemmeno da coloro che ne erano stati i principali artefici.
I patrioti liberali e democratici avevano creduto che il nuovo Stato potesse sorgere dalle libere decisioni di un’ Assemblea Costituente e dall’iniziativa popolare, ma i loro progetti non si realizzarono.
Gli uomini:
Daniele Manin già alla guida della Repubblica di Venezia nel ’48-’49, dopo la caduta di questa, si rifugiò a Parigi. Rivolse un appello a Casa Savoia per realizzare l’unità d’Italia. Si proponeva di riunire moderati e democratici in un solo partito nazionale al cui programma nel 1856 aderì anche Giuseppe Garibaldi. Un anno dopo fondò la Società Nazionale Italiana da lui guidata insieme al siciliano Giuseppe La Farina. A questa scelta reagì Mazzini, proponendo quella da lui definita “la bandiera neutra”, cioè l’unione immediata di democratici e moderati, rinviando però la decisione definitiva sulla struttura istituzionale dell’Italia ad un periodo successivo alla unificazione.
Carlo Pisacane. I suoi progetti politici erano molto diversi da quelli degli altri protagonisti del Risorgimento. Si proponeva di far nascere una società socialista, e credeva alla potenzialità rivoluzionaria dei contadini.
Nel 1857 si avvicinò a Mazzini pur restando sempre più vicino all’ideologia socialista che a quella mazziniana. Con Mazzini condivideva la convinzione che la rivoluzione sarebbe scoppiata più facilmante (Regno Borbonico) dove l’oppressione era più dura ed incisiva. Con un gruppo di rivoluzionari si imbarcò sul piroscafo Cagliari, del quale si impadronì. Ad essi si aggiunse un certo numero di detenuti politici reclusi a Ponza e da lui liberati, per sbarcare nel Cilento. D’accordo con i mazziniani presenti in loco, avrebbero spinto all’insurrezione i contadini. Ma questi non insorsero, convinti che gli uomini di Pisacane fossero dei delinquenti arrivati per impadronirsi delle loro terre… e li attaccarono sterminandoli. Pisacane si uccise. Il fallimento della sua spedizione dimostrò che i democratici non erano in grado di assumere l’iniziativa per l’unificazione italiana, che in seguito passò ai moderati. Questi, prendendo l’egemonia dell’azione, guidarono il processo risorgimentale in funzione degli obiettivi corrispondenti ai loro interessi e scelte.
Giuseppe Mazzini. Già presente nei decenni precedenti il ’48 nell’azione politica rivoluzionaria, Mazzini agì in prima persona per realizzare l’unità d’Italia. Espresse importantissime idee, scelte e programmi in campo politico, sociale, religioso, organizzativo-didattico, analizzando criticamente gli errori associazionistici e pratici commessi dai rivoluzionari del suo tempo. La sua fu una forma di apostolato in cui teoria e prassi (pensiero ed azione) erano legati in modo inscindibile. Per Mazzini nessuna pratica insurrezionale poteva avere senso senza un credo che l’ispirasse. Nessuna teoria rivoluzionaria poteva avere senso senza un’azione concreta e costante. L’educazione politica dei giovani agli ideali diventava indispensabile fin dall’inizio. Ogni iniziativa insurrezionale doveva coinvolgere anche il popolo. Il suo programma politico portava alla realizzazione di un’Italia indipendente, unita e repubblicana che poteva essere realizzata solo attraverso un’insurrezione di tutto il popolo, senza distinzione di classe. Esercitò un incredibile fascino sulla gioventù romantica del suo tempo, anche per il carattere mistico e spiritualistico della sua ideologia. Fu un instancabile creatore di occasioni di rivolta, ma dovette soccombere di fronte all’impossibilità di realizzare praticamente e politicamente le sue speranze.
Camillo Benso Conte di Cavour. Dopo essere stato ministro dell’Agricoltura e delle Finanze nel governo piemontese guidato da Massino d’Azeglio, gli succedette nella carica di Primo Ministro. Un’alleanza (Connubio) con i moderati di Urbano Rattazzi gli permise di avere una solida maggioranza a sostegno della sua politica liberale. Indirizzò l’economia del Piemonte in senso liberistico. La sua posizione sulla questione nazionale fu molto pragmatica. Cavour non intendeva lasciare a Mazzini l’iniziativa nel movimento unitario, ma era convinto dell’ostilità, sia austriaca che francese, ad una unità territoriale nazionale italiana. Muovendosi con estrema cautela, fino al 1859, ebbe come obiettivo politico più avanzato la realizzazione di un Regno dell’Italia settentrionale, guidato da Vittorio Emanuele II. La sua politica nei confronti della Chiesa (libera Chiesa in libero Stato) dette un’impronta laica al processo risorgimentale. Anche per questa ragione le scelte di molti patrioti di origine repubblicana finirono per convergere sul governo piemontese.
Giuseppe Garibaldi. Fu uno dei principali attori nella preparazione dell’unità d’Italia, partecipando a numerose azioni belliche sempre vittoriose. Il suo programma politico era molto meno rigido di quello mazziniano adottato da Pisacane, ma anche meno preciso. Per questa ragione aggregava intorno a sé l’adesione di forze molto più varie. Divenne l’espressione dell’ala popolare di quel movimento monarchico-unitario che riuniva la maggior parte delle forze liberali ed un gran numero di gruppi democratici alla vigilia del 1860. Con la sua adesione alla Società Nazionale, non venne più considerato da questa come un avversario, ma un possibile alleato della monarchia sabauda. La sua figura era carica del prestigio conquistato con la sua lotta per la libertà di quei popoli in America Latina, e per la difesa nel 1849 della Repubblica Romana.
Nel prossimo appuntamento con la storia d’Italia, tratteremo l’inizio del processo di unificazione.
di Svevo Ruggeri
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