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“1° DICEMBRE: Giornata Mondiale per la lotta contro l’AIDS”

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“1° DICEMBRE: Giornata Mondiale per la lotta contro l’AIDS”

anlaidsIntervista a Fiore Crespi, Presidente Associazione Nazionale per la Lotta contro l’AIDS

Anche quest’anno il 1° dicembre è dedicato alla lotta contro l’AIDS. La data non è frutto del caso: il 1° dicembre del 1981 venne diagnosticato il primo caso di Sindrome da Immunodeficienza Acquisita .

L’idea di una giornata di sensibilizzazione mondiale venne nel 1988, durante il congresso mondiale dei ministri della sanità sui programmi di prevenzione da quella che si annunciava la peste del nuovo millennio.  Malgrado i progressi scientifici, le cifre statistiche epidemiologiche non sono rincuoranti. Sono 33,2 milioni le persone sieropositive nel mondo e solo nel 2007 2,5 milioni di uomini hanno contratto il virus, tra queste, 420.000 sono bambini sotto i 15 anni (dati Unicef). E’ bene ricordare che la lotta a questo virus non ha una scadenza annuale, ma è affare quotidiano. Molte associazioni onlus si battono per la difesa e la tutela di malati e sieropositivi. La promozione di studi e ricerche sull’aids con borse di studio per dottorati di ricerca, campagne di prevenzione ed educazione, organizzazione di corsi di formazione per personale sanitario e molto altro ancora, come nel caso di ANLAIDS, sono il loro pane quotidiano…

Intervistiamo Fiore Crespi, Presidente dell’Associazione Nazionale per la Lotta contro l’AIDS.

Come nasce Anlaids?
“ANLAIDS è stata fondata nel 1985 per volontà di un gruppo di medici e ricercatori spinti dalla necessità di fronteggiare quello che all’epoca fu un fenomeno assolutamente inaspettato e deflagrante: l’insorgere dell’infezione da HIV e dell’AIDS che nel giro di pochissimi anni fece un gran numero di vittime in gran parte giovani.
Inoltre,  le  modalità di trasmissione del virus rendevano necessaria un’immediata opera di corretta informazione e prevenzione dei comportamenti a rischio e il rapido progredire della malattia creava situazioni di emergenza sociale che andavano fronteggiate. Da qui la nascita di ANLAIDS, con gli che scopi statutari della ricerca, della prevenzione e dell’accoglienza.   
Oggi il panorama è molto cambiato: i farmaci antiretrovirali, anche se non hanno eradicato il virus hanno alzato enormemente le aspettative di vita delle persone con HIV e se pure il vaccino sembra ancora lontano, molte persone sieropositive hanno una vita “normale” con progetti per il futuro, famiglia e figli.
Ma questo mutato scenario se è confortante ha come rovescio della medaglia il fatto che la gente non percepisce più l’HIV/AIDS come un’infezione di un virus non eradicabile, se ne sente immune e le nuove infezioni continuano a rimanere stabili, quindi, oggi più di prima è necessario promuovere la prevenzione e la normalizzazione del Test. Altro problema non risolto è lo stigma che ancora colpisce le persone con HIV: abbiamo ancora notizie di discriminazioni sul posto di lavoro, a scuola, addirittura nelle strutture sanitarie: purtroppo, in questo campo c’è ancora molto da fare in termini di informazione.
Infine, ultimo ma non meno importante, la situazione che ho descritta vale per i Paesi occidentali, perché nei paesi a risorse limitate purtroppo di AIDS si muore ancora e quindi c’è la necessità di approntare seri programmi di cura e prevenzione.
ANLAIDS continua nella sua opera di sostenere la ricerca clinica con borse di studio e premi scientifici, la prevenzione, soprattutto fra i giovani, l’accoglienza, con la Casa Famiglia “Dono d’Amore” di Roma e i progetti nei paesi in via di sviluppo, come questa iniziativa in occasione dell’AIDS Day” .

Questo 1° dicembre, la Anlaids, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica , promuove una Raccolta Fondi a favore di un progetto mirato alla prevenzione materno-fetale da HIV in Guinea Bissau, uno dei paesi più poveri e più colpiti dall’AIDS del continente africano.
I ricavi di quest’anno verranno utilizzati per “Dijitu Ten”, nome del progetto mirato alla prevenzione materno-fetale da HIV in Guinea Bissau. Ce ne parli meglio…

“Djitu Ten, che in lingua locale vuol dire “Si Può”, realizzato in collaborazione con la Cattedra di Malattie infettive e tropicali, Dipartimento di Scienze Cliniche “Luigi Sacco” dell’Università degli Studi di Milano  si svolge in Guinea Bissau in più dispensari della Regione. Un  paese poverissimo, con un’aspettativa di vita alla nascita di 46 anni ed una mortalità nel primo anno di vita di 119 ogni mille nascite.
Djitu Ten è un programma di prevenzione quinquennale, ed è nato da uno studio condotto su 23.000 donne gravide tra il 2002 ed il 2006; ha l’obiettivo di ridurre la trasmissione materno-fetale  del virus HIV, attraverso lo screening delle donne gravide che, se trovate HIV positive vengono prese in carico con la somministrazione di farmaci antiretrovirali durante la gravidanza, l’assistenza al parto mediante taglio cesareo, l’alimentazione supplementare per il bambino con latte artificiale e l’accompagnamento a madre e bambino per i successivi 24 mesi, per 360 donne e 360 bambini. La spesa  annuale per ogni coppia madre-bambino è di  € 278 per assistenza, vitto e alloggio e di €700 per terapia e assistenza al parto cesareo.
Il progetto inoltre prevede la formazione di medici, infermieri e tecnici di laboratorio locali il cui lavoro coprirà 971 giorni di lavoro dei quali solo 50 giorni svolti da medici italiani, con stages presso la Cattedra delle malattie infettive e tropicali dell’Università di Milano”.

Torniamo in Europa. In Francia Il 96% dei licei è equipaggiato con i distributori automatici di preservativi ed a partire dall’ anno prossimo la “capote” low-cost arriverà anche nella facoltà, nelle case dello studente e nelle mense, a soli 20 centesimi.    
Perché in Italia iniziative simili sono lontane anni luce?

“Le politiche di educazione e formazione di un Paese hanno radici diverse e non sono determinate solo dalle associazioni o dalle reiterate raccomandazioni della Commissione Nazionale AIDS e della Consulta delle Associazioni di volontariato in AIDS.
Dopo 25 di ANLAIDS ritengo il profilattico, ovvero il preservativo, l’unica barriera isolante contro il virus. Ciò non significa che non si debba parlare ai giovani di sessualità e di affettività”…

Il Belpaese è ultimo in Europa sulla conoscenza dei metodi contraccettivi: i nostri giovani ne conoscono in media solo tre e il 27% (il 35% fra le ragazze) non ne utilizza alcuno. In definitiva, solo lo 0,3% delle adolescenti italiane ha una buona educazione sessuale, il 26,5% ce l’ha appena sufficiente, il 72,9 decisamente insufficiente. (Fonte Corriere).    
Secondo lei, perché questa incuranza per le mst?

“La domanda include due risposte ben diverse, anche se rientrano nell’educazione sessuale: un argomento è parlare di contraccettivi, che è un grave errore ritenere una barriera efficace contro i virus infettivi; un’altra è parlare di malattie sessualmente trasmesse. Per quest’ultime ancora una volta la barriera è sempre il preservativo. La prevenzione e l’educazione sessuale fanno parte del Progetto Nazionale Scuole di ANLAIDS da quasi 20 anni, tuttavia tutto ciò non passa se non si associano le politiche del Ministero della Salute a quelle del Ministero dell’Istruzione”.

Secondo uno studio del Saga Magazine dovremmo bacchettare anche i 50enni, che non prestano particolari attenzioni nei rapporti sessuali occasionali.    
Forse qualcuno è rimasto legato a vecchi cliché che vedevano il “sieropositivo-tipico” omosessuale o drogato?

“In questo particolare momento non si fa che parlare che di rapporto occasionali e rischiosi; metterei in guardia i cinquantenni anche dall’uso occasionale degli stimolanti e delle droghe in genere che allontanano la percezione del rischio in qualsiasi tipo di scelta sessuale”.

Dia un consiglio a chi è sieropositivo e vive con angoscia questa situazione, nascondendosi, avendo paura di essere giudicato…
“Più che parlare di consigli vorrei assicurargli che noi, che io personalmente e tutti noi che ci occupiamo di AIDS ci attiveremo per combattere l’ignoranza e lo stigma con tutti i mezzi a nostra disposizione: la corretta comunicazione, l’educazione sessuale, la facilitazione e normalizzazione di accesso al test, privilegiando le relazioni umane e stroncando atteggiamenti giudicanti sui virus che possono infettarci. Lo stigma è insito in molti inconsci atteggiamenti, persino nelle domande”.

Nei paesi industrializzati ogni anno 80.000 persone contraggono il virus e 25.000 muoiono per AIDS. In Italia, dall’inizio dell’epidemia al 2004 sono stati accertati circa 53.000 casi con oltre 33.000 decessi al seguito. Inquietante il fatto che dal 2001 in poi, i casi di AIDS conclamato hanno cessato di diminuire (dati Unicef).  Questa piaga va combattuta finanziando la ricerca e sgretolando le barriere erette dall’ignoranza, perché l’alone di silenzio e paura circa l’AIDS può uccidere quanto la malattia stessa.

di Giada Martinucci

Svevo Ruggeri
Svevo Ruggeri
Direttore, Editore e Proprietario di Eclipse Magazine