«Una favola illuminante sul potere della parola» (Loredana Scaramella, regista)
Dalle armi alle parole: l’amore e l’amicizia sono messe a dura prova delle schermaglie di invettive che si susseguono nel palazzo del governatore (di Messina) Leonato, sin dall’arrivo vittorioso dell’esercito del principe d’Aragona, Don Pedro. Al primo sguardo, un amore nasce spontaneamente, quello tra Claudio, l’eclettico Fausto Cabra (l’incontenibile Mercuzio del “Romeo e Giulietta” di Gigi Proietti) e la dolce Ero, Mimosa Campironi (già apprezzata nelle vesti di Giulietta). Un altro amore viene invece allo scoperto nel corso della commedia, ed è quello tra Benedetto, il brillante Mauro Santopietro (che ha altresì collaborato alla traduzione e all’adattamento della commedia insieme alla regista Loredana Scaramella) e la tenace Beatrice, l’effervescente Barbara Moselli. E già, perché i due non dimostrano subito amore l’un per l’altra: «un pagliaccio del principe, un buffone idiota», così Beatrice di Benedetto, mentre «un diavolo infernale in abito di gala» è la descrizione che riserva il gentiluomo alla (sua futura) dama!
Esilarante lo scambio di battute tra le coppie, soprattutto tra Benedetto e Beatrice, convinti assertori delle loro libere identità, che sin dall’inizio giurano di non sposarsi mai, ma che scopriranno in loro stessi, contro la loro razionale volontà, la forza incontenibile di un reciproco amore – grazie anche all’astuta messa in scena del principe Don Pedro, il conturbante Federigo Ceci, Leonato, il saggio Daniele Griggio, e il coinvolgente conte Claudio, che abilmente sapranno argomentare i (presunti) sentimenti dei due giovani, fino a farli dichiarare poi reciprocamente.
Comici e irriverenti gli interventi delle guardie (Jacopo Crovella e Federico Tolardo) e dei loro superiori (Carlo Ragone e Cristiano Caccamo) e del giudice Antonio (Roberto Mantovani), dei seguaci di Don Juan, Corrado e Borracio (Ivan Olivieri e Alessandro Federico); ben orchestrati gli interventi delle ancelle di Ero, Margherita e Orsola, (Lara Balbo e Loredana Piedimonte) e del buon frate Francesco (Diego Facciotti).
Giochi di parole per intelligenza di spirito: la commedia sembra essere subito votata ad un lieto fine, che avrà, ma non senza l’intervento privo di scrupoli del fratello illegittimo di Don Pedro, Don Juan alias Matteo Milani, a seminare scompiglio, ma nulla potrà contro la forza dei sentimenti di amicizia e di amore che dominano la commedia.
Le musiche eseguite dal vivo da parte del trio William Kemp accompagnano la rappresentazione dall’inizio alla fine: durante il primo atto, anche sul balcone che sovrasta il palcoscenico a guisa di tableau vivant; nell’intervallo, strappando ancora applausi agli spettatori in teatro; e alla fine, quando l’allegra tarantella coinvolge gli stessi attori a ballare con il pubblico del parterre. Sì proprio così, una tarantella e una pizzica salentina sostituiscono idealmente l’atmosfera di ambientazione originariamente siciliana dell’opera.
Una commedia dai dialoghi energici in cui il “nothing” del titolo (orig. “Much Ado about Nothing”), «apparentemente inoffensivo» -dalle parole della regista- confluisce nel nulla di «un basso continuo contrapposto al suono di troppe parole, alla frenesia che spinge gli uomini ad amare, giocare, desiderare, combattere».
Humour, riflessione, gioia e sapiente eloquio si intrecciano in questa commedia di incontro-scontro delle parti.
Fino al 7 settembre (alle 21:00), per seguire poi con “Pene d’amor perdute” dall’11 settembre.
Botteghino: tutti i giorni dalle 15:00 alle 19:00 e nei giorni di spettacolo fino alle 21:30
e dal 2 al 7 settembre:
Aperitivo al Globar dalle 19:00 e proiezione di corti dalle 20:30 (prima dell’inizio dello spettacolo in programma) “Ancora Shakespeare: perché?”
Mentre il 19-20 e 21: Gigi Proietti sul palco (20:45) per lo “Shakespeare Fest”, con performance teatrali e musicali.
di Elisabetta Lattavo