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Sanremo 2012: la finale

Emma è la vincitrice. Podio in rosa con Arisa e Noemi. Celentano contestato dalla platea

 

La vittoria di Roberto Vecchioni della passata edizione aveva ridato al Festival di Sanremo quella luce intensa che si era affievolita da molto tempo. Non si può dire lo stesso del trionfo di Emma. Mettiamo da parte per un secondo l’etichetta di “Amici di Maria De Filippi” e proviamo ad analizzare la sua canzone. Un testo banale, scontato dall’inizio alla fine, che si auto-dichiara impegnato ma che in realtà è un semplice susseguirsi di parole strappalacrime stile soap opera urlate a squarciagola. Parole che non arrivano al cuore e suonano più come le esternazioni attira-voto delle varie Miss Italia: “voglio la pace nel mondo” (però dietro le quinte io e le altre ci prendiamo a capelli), “amo la famiglia” (però sono l’amante di un uomo sposato), “amo gli animali” (ho il cagnolino stile topo come quello di Paris Hilton perché fa fico). Tant’è vero che la signorina Marrone non ricordava nemmeno i nomi degli autori della sua “Non è l’inferno” (tranne che quello di Kekko dei Modà ovviamente). E così, ancora una volta Maria giunse al fin facendo mangiare la polvere ad altre due donne sicuramente più meritevoli. Un Festival in rosa quindi questo 62°, tinto di blu solo dal premio della critica Mia Martini che è stato vinto da Samuele Bersani e la sua “Un pallone”.

Si conclude così l’ultima serata di un Festival che si era aperto con una coreografia tutta peace&love sulle note di “All you need is Love” dei Beatles, condita da roventi baci appassionati scambiati da diverse coppie sul palco.

Mediocre anche quest’anno la conduzione portata avanti al grido di “stiamo tecnici” (in memoria dello “stiamo uniti” dello scorso anno) e contornata da gaffe, interviste inutili, problemi tecnici e ballo della foca. L’unico faro nel buio della kermesse è stato Rocco Papaleo: con gli occhi sempre più sgranati ha saputo ergersi a dissacratore del Dio Festival in modo del tutto inconsapevole. Sembrava che fosse lì per caso, che fosse uno di passaggio e invece è stato l’unico a lasciare il segno sul quel palco freddo. Di Ivanka invece ci resterà solo il ricordo, e forse neanche quello, della sua risata osceno-isterica.

Questo finale ha visto anche il ritorno di Celentano che ha tentato di parlare ritornando al tema Famiglia Cristiana e L’Avvenire, ma è stato sommerso dai fischi e dalle urla: “basta”, “predicatore”. Lui ha reagito così: un bicchiere d’acqua e via, giù nello stomaco tutta l’amarezza.

Abbandonate le vesti di predicatore, Adriano ci ha concesso mezzora di musica prendendosi il giusto riscatto. Prima “La cumbia di chi cambia”, poi con Morandi canta “Ti penso e cambia il mondo”. Il pubblico si emoziona con Gianni che si lascia andare alla commozione: “scusate ma mi sono proprio commosso, in questi dieci minuti ho rivissuto tutta la mia giovinezza, quando da ragazzino lo imitavo…”. E’ questo il Celentano che avremmo voluto vedere anche la prima sera.

Dalle lacrime passiamo alla comicità intelligente di Geppi Cucciari che scherza sugli slip di Belen, su Celentano e sulle varie polemiche che hanno invaso il Festival. Peccato che Morandi – “il ragazzo che amava i Beatles e i Rolling Stones senza però mai essere corrisposto” – non riesca a cogliere la sua sottile (e neanche tanto) ironia.

Hanno calcato il palco ancora una volta Luca e Paolo, poi il vincitore di Sanremo Social Alessandro Casillo e i Cramberries.

Ma torniamo alla protagonista: la gara. Finale prevedibile? Sicuramente sì se pensiamo alla nutrita schiera di fan della salentina Emma e all’appoggio di Maria De Filippi, oramai potente quanto una major discografica. La prevedibilità però non affascina quasi mai e si cerca sempre di accendere un lumino di speranza, la speranza nel cambiamento, nel riscatto della meritocrazia e della bella musica. Lo avevamo trovato in Noemi, in Arisa, in Nina Zilli, ma lo abbiamo perso quando Morandi ha aperto la busta rossa con il nome del vincitore. Ci si può consolare con la canzone di Arisa…“né vincitori, né vinti, si esce sconfitti a metà” oppure si può semplicemente giungere alla conclusione che Sanremo non è il Festival della Canzone Italiana ma di una piccola parte della canzone italiana. Fuori dall’Ariston c’è tutto un mondo di musica di qualità che non ha scelto le vie più semplici e veloci per emergere ma sta lì, umile e stretta in un angolo, che aspetta solo di essere ascoltata.

di Pamela Mariano