Quello di ieri sera, al Meazza di Milano, non è stato solo un concerto ma una grande festa: oltre 50.000 fan hanno voluto celebrare i
Take That e la loro tanto attesa reunion che, dopo 15 anni, ha visto il ritorno del “figliol prodigo”
Robbie Williams. E c’erano tutti, proprio tutti: un folto pubblico ‘over 30’ (le ex-ragazzine degli anni ’90 con mariti e fidanzati) e, a sorpresa, tanti giovanissimi. A scaldare gli animi ci hanno pensato i
Pet Shop Boys: qualcuno storce il naso all’idea che uno dei gruppi synth pop più rispettati al mondo abbia accettato di fare “da spalla” a un ex boyband, ma il loro è un gesto di amicizia. “Vogli
amo ringraziare i Take That per averci invitati” dice
Neil Tennant ai 50.000 del Meazza, “
Siamo felici di esibirci durante questo incredibile tour”. E il tour è pur sempre quello di
Progress: la loro superba performance è in linea con il tema futuristico dello show. Regalano al pubblico l’indimenticabile
Go West e tirano fuori persino la “chicca”
Se A Vida E: tutti contenti. Alle 21 in punto arrivano i Take That, in 4. Il sipario si apre su
Rule The World e
Greatest Day: pubblico in delirio, con gli occhi lucidi fin da subito. Ma è con
Hold Up a Light che inizia lo spettacolo: dei mini-palchi sollevano Gary, Mark, Jason e Howard qualche metro sopra i fan, ballerini mascherati fanno ruotare fiaccole infuocate tra il pubblico ed è subito festa. Patience smorza la toni: poco prima, Jason chiede “
Dov’è Robbie?” Gary risponde che arriverà presto. Intanto è la volta di Shine e va in scena il carnevale: ‘uomini-albero’, fanno da contorno a un set coloratissimo, in cui arrivano persino il Brucaliffo e Alice nel Paese delle Meraviglie. Poi i Take That si allontanano e li vediamo suonare
Sgt. Pepper’s dei
Beatles sul maxi-schermo. È un attimo. Il volto di Robbie sul monitor, il pianoforte,
Let Me Entertain You: il Meazza esplode. Quando arriva sul palco, il pubblico dimentica la reunion: gli occhi sono tutti per lui. Più che a dei fan sembra di trovarsi di fronte a degli adepti di una setta di cui Robbie è il leader. La voce è in forma smagliante ma il fisico non è più quello di una volta. Ne approfitta per gigioneggiare: sfotte i fan (
“Fa caldo. So che avete aspettato per ore. Puzzate. Lo sapete, vero?”) e prende in giro se stesso (canta “
My body is too bootylicious” delle Destiny’s Child). Il pubblico continua a cantare:
Rock DJ,
Come Undone,
Feel. Improvvisa persino
Walk On The Wild Side e lo stadio intero gli viene dietro. Poi
Angels. Robbie va via e riappare poco dopo insieme ai suoi compagni: coreografie a mezz’aria, le quinte che si trasformano in una cascata e con
The Flood i “Fab 5” iniziano a cantare i brani di
Progress (
SOS, Underground Machine, Kidz e Pretty Things). Poi è la volta del tanto atteso medley di classici: i Take That scelgono la sobrietà di pianoforte e chitarra per intonare i loro più grandi successi:
A Million Love Songs, Babe, Everything Changes e la splendida Back For Good. Si lasciano andare soltanto con
Pray: abbandonano il piano e lasciano spazio alla base. Improvvisano, con tanta autoironia, la coreografia di quando avevano vent’anni. Il pubblico sorride e applaude. Sul finale un mix di pezzi vecchi e nuovi:
Love Love, la corale
Never Forget,
No Regrets di Robbie Williams e la scatenata
Relight My Fire. Concludono con
Eight Letters durante la quale la band scende tra il pubblico in visibilio. Uno show azzeccato, il loro, nonostante qualche eccesso: una scenografia pirotecnica che sta meglio a Wembley che a San Siro, un Robbie ancora troppo ingombrante come solista. Ma i Take That restano comunque l’unica boyband sopravvissuta agli anni ’90: il pubblico li ama oggi, come 15 anni fa. Sul palco si divertono ancora e fanno divertire anche gli altri.
di Lucia Gerbino
Robbie Williams – Let Me Entertain You (Live @San Siro 12.07.11)
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