Quattro chiacchiere con lo chef stellato del Metamorfosi
“Cambiare è un’arte, evolversi è una missione.” Una frase che è la sintesi della cucina di Roy Caceres e il motto del suo ristorante, il Metamorfosi, uno dei più famosi e apprezzati della capitale. Lo chef stellato, di origini colombiane, è ormai parte integrante della brigata del Taste of Roma, evento che anche quest’anno ha arricchito con la sua esperienza e le sue creazioni che hanno un unico intento: emozionare il pubblico attraverso il cibo. L’abbiamo incontrato per voi.
Mi piace il contatto che le persone. Con Metamorfosi sono già quattro anni che confermiamo la nostra presenza a questo festival perché è il modo migliore per raccontare alla gente quello che facciamo.
Ci sono dei pro e dei contro. Il pro è che la comunicazione ormai è talmente ampia che hanno sicuramente contribuito ad avvicinare le persone a un mondo che prima era molto più elitario. Adesso hanno scoperto che è aperto a tutti: a chi ama il cibo, a chi ama la qualità, a chi ama mangiare bene. Il contro è che ormai si pensa che stare in cucina sia come fare la velina o il calciatore, che aiuti a diventare famoso e basta. Invece c’è tanto lavoro dietro. In cucina si lavora tantissime ore e il nostro è un mestiere molto duro. Non è facile come appare in televisione.
La passione. Quella non manca mai.
Ho scelto il ceviche perché fa parte delle mie radici, anche se io sono colombiano di nascita e ho vissuto nel mio paese fino a 16 anni. Ho già nel mio menù varie portate che rispecchiano la Colombia, ma ho sempre pensato che quella del Perù fosse una grande cucina, una delle più forti di tutto il Sud America. Diciamo che ho voluto prendere un suo piatto in prestito e interpretarlo a modo mio per il pubblico del Taste. Certo… ho anche tolto il peperoncino: i peruviani non lo farebbero mai! Ma io l’ho fatto di proposito: volevo che tutti potessero assaggiarlo.
di Lucia Gerbino