“Come eravamo” by Avati, spose tradite e scapestrati in bicicletta in una provincia emiliana fuori dal tempo
Un fiabesco omaggio “al biancospino”, all’amore travagliato della nonna. Con Il cuore grande delle ragazze (in concorso al Festival) Pupi Avati completa la sua incursione a medio badget nelle memorie (dopo il simbolico e disincantato Una sconfinata giovinezza – 2010), impregnandole con i profumi della campagna che fu, distesa e rarefatta, alle porte di Bologna. Il contesto indimenticato di chiesette di mattoni, di parroci indisponenti e di lunghi matrimoni stranamente assortiti, dove il regista ha fabbricato i suoi sogni.
Anni ’30, Italia fascista, epoca di “scambi” e di bisogni essenziali. Un matrimonio combinato implode e capovolge i progetti di due famiglie. Sisto Osti (un volitivo Gianni Cavina) vuole maritare le sue figlie poco avvenenti e attempate, Maria e Amabile. La seconda avveduta moglie, la romana Rosalia, stipula quindi un patto col mezzadro della famiglia, Adolfo Vigetti (un misurato Andrea Roncato), che ottiene di conservare il proprio lavoro per altri dieci anni offrendo la mano del suo primogenito, Carlino, ad una delle due zitelle. Per un mese ogni sera Carlino, noto sciupafemmine del borgo (l’inedito e spontaneo Cesare Cremonini), va a trovare Maria e Amabile, pronto alla drammatica scelta, finché non incontra Francesca (Micaela Ramazzotti), studiosa e genuina sorellastra delle sue pazienti “signorine”, figlia adottiva di Sisto e unica figlia di Rosalia. I due si innamorano istantaneamente ma Sisto, padrone bisbetico ammantato di un sano pregiudizio sul conto del giovane, lo caccia in malo modo. Soltanto un gesto incauto di Francesca, quasi morta per il suicidio di “se stessa”, convince le rispettive famiglie al matrimonio, bloccato tuttavia dall’indisposizione alla gola del parroco. La turpe deviazione degli eventi spinge il padre di Carlino al crepacuore. Quando finalmente il matrimonio viene celebrato è invece il viaggio di nozze a mettere in crisi la fiducia di Francesca, impacciata e impreparata alle smanie incontenibili del neo marito fedifrago. Dopo la fuga un telegramma funesto la riporta a casa dal suo autoesilio a Bari. Ma c’è ancora l’inganno. Un Avati che rifiuta i tumulti contemporanei, incapace di fotografare i nostri giorni; che annoda malinconia e rimembranza, foto di famiglia e sogni di una purezza perduta nella (dalla) frenesia moderna. Un’opera in sordina, a tratti brillante, solare e gentile, come il bietolone romantico e avventato interpretato da Cremonini. Un film che recupera le famiglie allargate de Il padre di Giovanna e i legami impossibili de Il cuore altrove, senza strepiti drammatici, senza la violenza del quotidiano o il mistero di arcane psicologie dei singoli. I suoi sono caratteri schietti, avvinghiati ai ritmi della ruotine della campagna, al sesso come consuetudine di vicinanza, alle proprie “puzze” analfabete e alla cerimonia dei favori. Un tuffo sincero, adagiato negli anni ’30 in cui la nonna di Pupi, musa ispiratrice, sposava il seduttore di turno. Una piacevole pellicola votiva e biografica, viaggio rassicurante e bucolico fuori dall’oggi. Lirica del fantastico, come ha sottolineato in conferenza stampa Cesare Cremonini, felice esordio al cinema. Visto in tv (a Very Victoria) Avati l’ha trovato così immediato da volerlo senza riserve. La Ramazzotti è stata invece riscoperta dopo quindici anni e “ipnotizzata” dalla sceneggiatura, sedotta dalla dolcezza e dall’onnipresenza di Pupi, che, come ha dichiarato lo stesso Cremonini, ha letteralmente “nutrito” con il suo charme esperto un cast unitissimo e ben amalgamato. Da cui risplendesse la luce del cuore grande, certo immaginato, di incantevoli ragazze. Quelle che Pupi ama e che ha fatto preoccupare con il suo recente malore, fortunatamente non grave.
TITOLO E CAST
Il cuore grande delle ragazze
Regia di Pupi Avati
Con Cesare Cremonini, Micaela Ramazzotti, Gianni Cavina, Andrea Roncato, Sidney Rome, Erica Blanc, Manuela Morabito
Musiche di Lucio Dalla
Ita 2011, 85’
Distrib. Medusa
Uscita 11 novembre 2011
di Sarah Panatta