Un documentario sul potere della televisione nel mondo arabo e l’approfondimento con il Panel: Low Budget-Low Quality? La sfida della lunga serialità europea e le risposte italiane
Kismet: per la regia e la sceneggiatura di una donna greca, Nina Maria Paschalidou, poi in onda su RaiTre, presentato al Festival di Amsterdam 2013.
Un affascinante e coinvolgente documentario su quanto le soap opera turche abbiano influenzato, positivamente, le donne musulmane. Vittime di abusi, umiliazioni, sofferenze, ma anche protagoniste di riscatto. Dalla Grecia passando per Istanbul per arrivare in Egitto e fino agli Emirati Arabi, delle donne raccontano le loro storie drammaticamente vere e la forza che hanno trovato nel denunciare i loro aguzzini, riacquistando il rispetto che la società in cui vivono aveva loro tolto. “Fatmagul”, Noor”, “L’imperatore Soliman” a noi dicono poco: sono tre serie televisive turche che hanno fatto il giro dei paesi arabi, fino alla Grecia -ad oggi l’unico paese europeo che le abbia trasmesse- le cui storie romantiche (“Le mille e una notte”) e di esempi di coraggio hanno dato loro la forza di ribellarsi. I protagonisti infatti hanno ben trasmesso a queste donne la veridicità di storie vere, di uomini che possono amare e rispettare le loro donne anche se decidono di lavorare, perché in realtà devono poter avere gli stessi diritti, oltre che doveri. Situazioni difficili, che spesso alle culture non musulmane sfuggono, ma che esistono. Generazioni di donne mature, ma anche giovani, si sono identificate nei modelli positivi proposti dalle fiction, tanto da far creare dei movimenti a difesa dei diritti delle donne. È stata questa la forza delle serie televisive turche.
Un documentario molto interessante, ben orchestrato, con intermezzi di sequenze di città, degli interni delle case delle protagoniste, con brevi ma significative interviste agli attori, tutto visto con gli occhi della speranza e della libertà che queste donne hanno a fatica e con estremo coraggio ritrovato.
Scelta felice del direttore artistico Carlo Freccero, che con Kismet ha dimostrato quanto il focus Turchia proposto quest’anno abbia ragion di esserci, documentando come le fiction possono realmente cambiare la vita delle persone.
Low Budget-Low Quality?
Subito a seguire il panel di approfondimento sulle serie europee e sulla necessità della loro internazionalizzazione. Ne hanno discusso il produttore della fiction spagnola “Il Segreto” Juanjio Diaz e Josep Cisper (Boomerang Tv) preceduti da una proiezione in lingua originale de El secreto de puente viejo; il produttore turco Kerem Çatay, preceduto dalla proiezione della serie turca di grande successo ”Black Money Love”; Luca Bernabei (amministratore delegato Lux Vide), Fredrik af Malmborg (Managing Director Eccho Rights), Paolo Bassetti (Endemol), Francesco Nardella (Rai), Giovanni Modina (Direttore Gestione Diritti Mediaset), Giancarlo Scheri (Direttore di Canale5) e Sara Melodia (Responsabile sviluppo sceneggiature Lux Vide), coordinati negli interventi da Giorgio Grignaffini (Direttore Editoriale TaoDue). Presente in sala anche il direttore artistico Carlo Freccero.
Come fa una storia ambientate nelle Asturie del 1898 (Il Segreto) ad appassionare tanto il pubblico? Come può una serie turca (Black Money Love) arrivare in Vietnam? «Real characters and a good story telling are the secrets –spiega il produttore turco Kerem Çatay-. We have almost 30 years of experience of drama tradition in Turkey. And my aim of producer is the story, secondly the budget». Tutto dipende dal contenuto, dalla storia: è questo che appassiona il pubblico, perché prima dell’audience, certo importante, è indispensabile concentrarsi sul prodotto, sulla selezione del cast, sull’originalità del punto di vista, sulla verosimiglianza con la realtà. E se in questo periodo il budget è low, il Direttore di Canale 5 Scheri ricorda di aver da sempre sostenuto l’industria dell’audiovisivo italiano, perché le storie sono belle, quindi la qualità non è sicuramente bassa. Allo stesso modo il produttore delle “Tre rose di Eva” e “Cento Vetrine” Paolo Bassetti, sottolinea come la qualità dei personaggi sia sempre alta. Quello che emerge e che è auspicabile cambiare, riguarda i diritti delle serie: è necessario che i produttori mantengano una parte dei diritti della produzione altrimenti non hanno neanche accesso ai fondi della Comunità Europea e non possono vendere il prodotto all’estero. Tutti concordi quindi sul fatto che nonostante in tempi di forte crisi economica il budget sia basso rispetto a soltanto qualche anno fa, si riconosce la notevole qualità dei prodotti proposti e di quanto il pubblico si appassioni a storie ben messe in scena e coinvolgenti: basti ricordare gli esempi di “Incantesimo” e “Il medico in famiglia” e “Don Matteo” cita Sara Melodia. «Esiste un’industria seriale e la situazione è in evoluzione, con 4 serie che superano le 20 ore di programmazione in questa stagione» ci tiene a ricordare Francesco Nardella (Rai).
Cosa è necessario quindi? Agevolare le produzioni, diffonderle all’estero, creare unioni tra privato e pubblico per dare spazio ad una programmazione che è già di alto livello.
di Elisabetta Lattavo