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Festival del cinema di Venezia 2013: Killer William Friedkin riceve il Leone d'oro alla carriera

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Festival del cinema di Venezia 2013: Killer William Friedkin riceve il Leone d'oro alla carriera

William FriedkinIl Festival di Venezia celebra una carriera lunga più di quarant’anni costellata da successi incredibili come L’esorcista e Il braccio violento della legge

Buongiorno, sono George Clooney e sono molto contento di essere qui“. A fare questa entrata imprevista è William Friedkin che, a dirla tutta, per attrarre l’attenzione della stampa presente al Lido non ha certo bisogno di sfoggiare il fascino un po’ gigionesco dell’attore. Per lui parlano film come L’esorcista, Il braccio violento della legge, con cui riuscì a vincere l’Oscar battendo niente meno che Arancia Meccanica di Kubrick, Il salario della paura e l’ultimo irriverente Killer Joe presentato proprio a Venezia due anni fa. Ed è proprio in nome di questa carriera incredibile caratterizzata da un tocco fortemente personale che il Festival ha deciso di premiare il regista con il Leone d’oro alla carriera, presentando in esclusiva la versione restaurata nella fotografia e nel suono del suo Il salario della paura. Girato nel 1977 e ispirato a Vite in vendita di Clouzot, la pellicola ancora oggi occupa un posto particolare nel cuore dell’autore. ” Tra tutti i miei lavori, credo sia quello che più si avvicina alla visione della cinematografia – spiega Friedkin – In molti lo hanno considerato soprattutto come un remake, ma io non credo nell’efficacia di questa definizione. Piuttosto lo vedo come una nuova produzione, con un punto di vista ed una interpretazione del tutto diversa. Il tema è stato l’elemento fondamentale de Il salario della paura ed io ho cercato di svolgerlo nel migliore dei modi cercando di renderlo contemporaneo, attinente alla realtà e sempre originale. Se riflettiamo, abbiamo ben cinque versioni de Il Grande Gatsby, ma nessuna di queste è un remake, visto che hanno nature completamente diverse”. È inutile negare, però che, nonostante le sue preferenze, il pubblico lo ricordi soprattutto per il successo de L’esorcista. “Sono grato che alla gente sia piaciuto tanto. Si tratta di un film sulla potenza della fede e, credo, sia l’unico che ho fatto con un tema così importante. Pensate al potere di Cristo. Non ci sono immagini che lo ritraggono o racconti che provengono direttamente da lui. Tutto ció che sappiamo nasce dalle parole di altri, ma nonostante questo negli ultimi 2000 anni le persone hanno creduto in lui. È una cosa straordinaria e misteriosa anche se non posso dire di comprenderla pienamente.” Nato artisticamente all’interno della New Hollywood, ancora oggi Friedkin non si allontana da questa visione libera e allo stesso tempo impegnata del cinema cui attribuisce il ruolo di un martello pneumatico, volto a cambiare le cose e a produrre nuove modalità per costruire una visione più unita della società. Vista da questa angolazione, dunque, la materia cinematografica assume ancora un elemento primario che non dovrebbe mai piagarsi e rendersi serva del puro intrattenimento. Almeno non sempre. Un risultato che Friedkin continua a a rincorrere traendo ispirazione da classici come Blow Up, Cantando sotto la pioggia, Il Divo, Gomorra e il lavoro dei fratelli Coen. Il tutto continuando a dirigere i suoi protagonisti con la consueta pressione psicologica che a Gene Hackman è costata qualche sfuriata durante le riprese de Il braccio violento della legge. ” Con gli attori lavoro come se fossi uno psicologo – continua il regista – quindi, prima di iniziare le riprese, cerco di scoprire gli elementi capaci di renderli felici, tristi, forti o incredibilmente deboli. Si tratta di una memoria sensoriale che utilizzo per provocarli e rendere vera l’interpretazione. Perchè la loro funzione non è quella di ripetere delle battute e leggere un copione, ma continuare a provare delle sensazioni personaggio dopo personaggio.” E per finire un consiglio prezioso rivolto ai giovani futuri cineasti. ” Facendo questo mestiere ho imparato tre cose. La prima è l’importanza della collaborazione con il team a disposizione e la capacita di comunicare chiaramente il proprio staff. La seconda è di ascoltare le idee degli altri e, per finire, essere sempre onesti con stessi continuando fino a quando non si è sicuri di aver fatto del proprio meglio. Più di qualunque altra cosa, però, consiglio di fuggire immediatamente dalle scuole di cinema. Piuttosto uscite, andate a comprare una telecamera digitale, fate il vostro film, montatelo a casa e poi mettetelo sul web. Lasciate che il pubblico veda il lavoro senza valutazioni critiche. Il fatto è che nulla può insegnarvi a far cinema se non il farlo.”

di Tiziana Morganti