Folclore e leggende nel periodo in cui l’inverno lascia spazio ai primi accenni della stagione migliore
Il termine “mese” proviene dal latino “mensem” che a sua volta ha origine da una radice indoeuropea che significa “misurare”. Il primo ad introdurre la ripartizione dell’anno in dodici mesi fu Giulio Cesare nel 46 a.C., e per tradizione ad ogni mese corrisponde un pianeta ed una divinità celeste che influisce sui caratteri umani e sulla natura. Per il terzo mese dell’anno è Marte, il dio guerriero, che regna su di esso.
Nell’arte medievale la rappresentazione iconografica dei mesi è usata come simbolo per indicare il riscatto dell’uomo dal peccato originale attraverso il lavoro, e grazie a questa ne deriva un’interessante descrizione dei costumi, delle abitudini, dei lavori agricoli dell’epoca, che vengono rappresentati in maniera realistica.
A differenza della suddivisione dell’anno ad opera dei romani, nel Medioevo, un periodo in cui il senso del tempo usciva dalla rigidità matematica, risultò più congeniale associare ad ogni mese un’attività tipica, come quella del contadino che si preoccupa del proprio raccolto, o del medico che consiglia al suo paziente la terapia più appropriata. Nel mese di marzo i contadini erano dediti anche a contare le gelate grazie alle quali prevedevano la rugiada di aprile.
Tuttavia Marzo è anche figura allegorica che celebra la rinascita della natura in primavera, o il dio guerriero secondo la tradizione classica. Ma è anche il periodo in cui si possono realizzare attività signorili come la caccia col falcone, o la stagione primaverile simboleggiata attraverso il volo degli uccelli, o anche il mese del vento. È così che viene descritto dal “Libro di casa Cerruti”, manoscritto trecentesco usato come “taccuino della salute” da un’importante famiglia veronese del tempo.
di Svevo Ruggeri