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Lavoro, Italia fanalino di coda per l’occupazione giovanile

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Lavoro, Italia fanalino di coda per l’occupazione giovanile

Allarme disoccupazione nel viterbese

Una delle piaghe dell’economia nazionale, se non la principale, è senza dubbio il lavoro. Sul tema occupazione si è discusso molto, ma i benefici per i cittadini sono davvero pochi. I numeri, però, raccontano che le ultime manovre hanno probabilmente migliorato di poco la situazione, come ha più volte sottolineato l’ex premier Matteo Renzi.

La realtà dice l’esatto contrario, con i quadri a livello locale sempre più foschi. Nell’ottobre scorso, gli italiani occupati erano 22 milioni e 753 mila, con una crescita di poco superiore allo 0.75% rispetto all’anno precedente.  In tre anni, l’ex sindaco di Firenze ha portato in “dote” 570mila nuovi posti di lavoro, ma a migliorare è stata essenzialmente la posizione degli italiani con più di 35 anni di età, con particolare privilegio per gli over 50. Resta stazionaria invece la crisi del lavoro per le nuove generazioni, un problema che neppure Renzi è riuscito a risolvere nonostante proclami e promesse.

Dai dati emerge un’ Italia regno del precariato, con numeri che salgono sempre più vertiginosamente di coloro che hanno un contratto a tempo determinato.  Nonostante questa distinzione ormai non faccia più fede come accadeva qualche anno fa, a fronte di 17milioni di lavoratori dipendenti, 2.4 convivono con l’ansia di un licenziamento, e il lavoro precario è un trend che non fa certo bene a tutta l’economia.

Le statistiche evidenziano però anche qualche prospettiva di miglioramento, visto che è calato il tasso di disoccupazione, che si è attestato a livello generale intorno all’11,6%. Per quel che riguarda i più giovani, l’Italia resta tra i fanalini di coda dell’Europa. Le misure messe in atto hanno portato la disoccupazione giovanile al 36%, ma sono moltissimi i lavoratori costretti a lavori saltuari pagati con i tanto discussi voucher.  Il ricorso ai cosiddetti buoni del mini-lavoro è cresciuto di un ulteriore 32% nel 2016, rallentando rispetto al boom fatto registrare l’anno precedente ma non a tal punto da evitare l’intervento del Governo che ne ha richiesto l’abolizione (fonte Jobberone).

A livello nazionale, la speranza è tutta nelle prospettive di collaborazioni a tempo indeterminato. Nel 2016, questa tipologia di contratto è stata sottoscritta da appena 61.640 lavoratori, ma solo poco più di un quinto riguarda gli under 30. E fa riflettere, soprattutto, il fatto che questo numero diminuisce progressivamente di anno in anno, con una parabola negativa che non accenna a fermarsi rispetto al 2014.

Ma se a livello nazionale dati e statistiche sembrano ben confortare per il futuro, altrettanto non si può dire per quanto fanno notare i sindacati a livello regionale e provinciale. Il coro si alza unanime anche dai rappresentanti sindacali della Tuscia. Il neo-eletto segretario della CISL Fortunato Mannino ha elencato numeri ben al di sopra della media nazionale, annunciando che sono al vaglio una serie di soluzioni da concordare con aziende ed enti locali: “Su una popolazione di circa 320mila abitanti ci sono oltre 84mila pensionati, oltre un decimo dei lavoratori è impiegato nell’agricoltura, ma i numeri più preoccupanti sono quelli della disoccupazione: tra i giovani supera il 40%, quella generale si attesta al 13,5%.  Vogliamo svegliare le istituzioni che dormono e non tengono conto delle difficoltà dei cittadini”.

L’allarme riguarda anche il settore edile viterbese, che secondo le dichiarazioni del segretario generale della Feneal-Uil Viterbo-Rieti Francesco Palese rischia grosso: “L’edilizia viterbese è sull’orlo del collasso. Negli ultimi 5 anni è stato perso oltre il 50% della forza lavoro, e si registra anche una contrazione delle ore lavorate del 20%. Non possiamo anche dimenticare che hanno chiuso 500 aziende”.