Risale allo scorso 12 settembre il ritrovamento di una nave non segnalata sulle carte nautiche.
E’ stata chiamata la “Nave dei veleni”: potrebbe essere quella segnalata spontaneamente dal pentito Francesco Fonti e carica di 12 fusti di rifiuti tossici, di natura non meglio specificata.
Le foto scattate sono adesso al vaglio dei tecnici, che cercheranno di individuare di quale nave si tratti. Il sospetto è che sia la Cursky, segnalata dal pentito. Secondo Fonti, la nave farebbe parte di un gruppo di tre imbarcazioni, fatte sparire grazie all’aiuto della cosca Muto di Cetraro: «Avevamo bisogno di affondare delle navi che ci erano state commissionate ed erano al largo di Cetraro. Ci serviva un motoscafo per portare l’ esplosivo da riva fino al largo». Questa testimonianza è stata raccolta nell’aprile del 2006 a Milano da un magistrato antimafia. Il pentito Francesco Fonti, che dal 1966 faceva parte della ‘ndrangheta, ha iniziato a collaborare con la giustizia nel 1994. Fonti parla di un episodio che fa risalire al 1993: l’ affondamento, con tanto di truffa all’ assicurazione, di una nave carica di rifiuti radioattivi nel Tirreno. Lui c’ era e ricorda: «Nelle navi in quel momento c’ era una certa quantità di fusti che non erano stati smaltiti all’ estero…».
Il magistrato che ha riannodato le fila di questa lunga inchiesta è Bruno Giordano, capo della Procura di Paola dal luglio 2008. Dopo aver scoperto un’alta concentrazione di radioattività artificiale lungo il greto del torrente Oliva, tra Aiello Calabro e Serra d’ Aiello, con elevate quantità di mercurio, sul suo tavolo è arrivato un documento dell’ Arpacal, una rilevazione condotta nel Tirreno: fuori da Cetraro sottacqua c’ era qualcosa di lungo, almeno 80 metri. La Marina non aveva mezzi a disposizione, Giordano si è rivolto a Silvio Greco, assessore all’ Ambiente della Regione Calabria e biologo marino, che ha trovato un robot in grado di ispezionare i fondali.
Ora restano da cercare le alte due navi affondate nel Tirreno, una verso Maratea, l’altra nella zona di Metaponto, che dovrebbero trovarsi tra i 3 e i 5 mila metri di profondità.
Nell’ambito di questa inchiesta, forse, verrà ascoltato anche il dottor Giacomino Brancati, medico e consulente della Procura. La sua relazione fa paura. «Si può confermare l’ esistenza di un eccesso statisticamente significativo di mortalità nel distretto di Amantea rispetto al restante territorio regionale, dal ‘ 92 al 2001, in particolare nei comuni di Serra d’ Aiello, Amantea, Cleto e Malito». Parla di tumori maligni di colon, retto, fegato, mammella.
Ad oggi non si hanno ulteriori aggiornamenti sulla vicenda: non sappiamo se i fusti tossici sono stati analizzati,né se sono stati prelevati e messi in sicurezza.
Né sappiamo quanto e come la popolazione di quelle coste, già colpita dalla radioattività dei fusti, sia stata adeguatamente informata sullo stato delle cose e sugli sviluppi futuri.
di Ilaria Eleuteri