pornplacevr
pornplaybb.com siteripdownload.com 1siterip.com
L’Orso Yoghi arriva al cinema in un'esperienza 3D
Gennaio 15, 2011
You don’t know Jack
Gennaio 16, 2011
Show all

Il diritto a morire

Collage_di_PicnikL’eutanasia in Italia e nel resto del mondo

“Ho fatto la mia scelta finale. Ho solo bisogno che il governo mi ascolti”. Si conclude con queste parole un video a favore della legalizzazione dell’eutanasia che ha recentemente riacceso in Italia il dibattito su eutanasia e questione morale.

L’espressione “scelta finale” punta il dito sull’aspetto più controverso della questione: possiamo scegliere come morire? Possiamo scegliere quando smettere di lottare per restare in vita? Possiamo scegliere?

No. Al momento no, quanto meno nel nostro paese. Secondo il Rapporto Eurispes del 2010, il 67% degli italiani è favorevole alla legalizzazione dell’eutanasia. Nonostante questo, l’eutanasia in Italia è ancora considerata un reato, assimilato all’omicidio volontario (articolo 575 del codice penale). Le cose non cambiano neppure se si riesce a dimostrare il consenso del malato: in tal caso si continua a parlare di omicidio, nello specifico di omicidio del consenziente. Le pene, in questa circostanza, variano dai sei ai quindici anni (articolo 579 del codice penale). E, per restare in ambito penale, l’articolo 580 dello stesso codice definisce reato anche il suicidio assistito.

Numerosi sono stati i tentativi di cambiare lo status quo delle cose, da parte da chi si è schierato in prima fila nella lotta per il diritto alla libera scelta. Su questo fronte si sono spesso distinte alcune associazioni, come Exit-Italia, Liberauscita o l’associazione radicale Luca Coscioni, che si battono per la legalizzazione o la depenalizzazione in Italia dell’eutanasia.

Sul fronte opposto si schierano, invece, gli esponenti conservatori e soprattutto gli ambienti cattolici, i quali vengono spesso accusati di ingiusta ingerenza in scelte politiche che non attengono strettamente la fede cattolica.

E, nel bel mezzo del dibattito e delle lotte ideologiche, lavorano – con più o meno efficacia e convinzione – il Comitato Nazionale di Bioetica, costituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, e la Consulta di Bioetica.

Mentre in Italia continua a infuriare il dibattito ideologico e politico, in numerosi altri paesi del mondo qualcosa è cambiato. In Belgio, Senato e Camera si sono espressi favorevoli a un progetto di legge che disciplini l’eutanasia. Nei Paesi Bassi è entrata ufficialmente in vigore (dal 2002) una legge che legalizza a tutti gli effetti l’eutanasia. Qualche anno più tardi, anche il Lussemburgo legittima ufficialmente l’eutanasia, che è stata invece solo depenalizzata nello stato della Svezia. La Svizzera ammette il suicidio assistito, così come la Germania. In Cina una legge del ’98 autorizza la pratica dell’eutanasia ai malati terminali, mentre in Colombia ad autorizzare la pratica è stato un pronunciamento della Corte Costituzionale. Altri stati nel mondo riconoscono il valore legale di un testamento biologico: alcuni stati dell’Australia, alcuni stati canadesi (Ontario e Manitoba), Danimarca, Inghilterra, Stati Uniti d’America.

In Italia, dove l’eutanasia è ancora reato, non esiste un concetto giuridico che la regoli. Marco Cappato, segretario dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, parla a tal proposito di tabù: “Vogliamo infrangere un tabù che esiste per la politica e il potere, non per i cittadini. In Italia l’eutanasia non è un concetto giuridico; si parla di questioni come lo stop alle terapie vitali, il testamento biologico, temi che ruotano intorno al fine vita. Ma la gente sa cos’è l’eutanasia e non ha paura di questa parola, mentre la politica parla di altro e si inventa dettagli terminologici per far perdere all’opinione pubblica il senso della realtà”.

di Silvestro Capurso

 

– articoli correlati: