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E c’è chi dice no al bavaglio

bavaglioRoma guida le piazze italiane in protesta: tutti uniti in nome della libertà d’informazione

È stata definita “la giornata della resistenza civile del ventunesimo secolo”.

Proclami a parte, il 1 luglio 2010 si ricorderà per un avvenimento importante: l’Italia unita a lottare contro il ddl sulle intercettazioni, una legge che vuole tarpare le ali alla libertà d’informazione, mettere il guinzaglio alla stampa e far chiudere la bocca ai giornalisti, col bavaglio appunto. Non c’è colore politico che tenga, nessuna differenza sociale e ideologica né tantomeno inutili strumentalizzazioni perché al centro della protesta c’è qualcosa che va oltre, un bene dei cittadini, un diritto inalienabile sancito dall’articolo 21 della nostra Costituzione e premessa di ogni stato democratico che si rispetti.
E allora eccoci tutti in una piazza Navona gremita dalla folla ed esausta dai trentacinque gradi e più perché il dovere di esserci chiama, in una lunga non stop dalle 17 alle 22 condotta da Tiziana Ferrario, giornalista del Tg1 protagonista della famosa epurazione. Ci sono i giornalisti in quanto prime vittime del bavaglio, ma anche persone legate al mondo della cultura colpito ferocemente dai tagli della nuova manovra finanziaria (Ennio Morricone, Dacia Maraini, Dario Fo), la rappresentanza dei sindacati della Polizia che spiegano come una legge del genere renderebbe più difficili le indagini; e poi politici (dell’opposizione s’intende), esponenti di gruppi e associazioni (onda viola fra tutti), semplici cittadini e molti ragazzi con la bocca tappata dai post-it gialli, al seguito dell’iniziativa di Repubblica, come metafora del bavaglio. “Informazione e libertà: no al silenzio di Stato”, è lo slogan che accomuna bandiere del Pd, Idv, Verdi e Cgil, insieme all’Unità e ad altre testate di sinistra. E ancora l’Arci,  i cattolici dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, l’Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia, le Vittime della Strage dei Georgofili, il Popolo delle Agende Rosse, Articolo 21, Mediacoop, Reporters Sans Frontières e Assostampa.
La Fnsi, la Federazione nazionale della stampa italiana, guida e promuove le manifestazioni di protesta svoltesi in tutta Italia, contro un ddl che prevede sanzioni severe per i mezzi di informazione pronti a pubblicare i testi delle conversazioni intercettate durante le indagini giudiziarie, limitandone l’utilizzo anche per gli stessi magistrati. «La libertà è un bene fondamentale, è conoscenza, chi considera l’informazione un pericolo sarà sconfitto – annuncia Franco Siddi, segretario della Fnsi – il ddl è ingiusto e va contrastato anche usando armi di disobbedienza civile perché le leggi sbagliate non si rispettano se non si vuole arrivare nell’illegalità». E se Curzio Maltese, editorialista de la Repubblica, parla di un «attacco a tutti i centri di controllo da parte di un potere che non crede nella Costituzione», Stefano Rodotà denuncia un ben più esteso «bavaglio allo spirito critico che fa paura a tutti i regimi autoritari». C’è spazio anche per importanti testimonianze come quelle di Ilaria, sorella di Stefano Cucchi: «Se non avessimo pubblicato le foto, il caso di Stefano sarebbe stato archiviato all’istante»; e di Patrizia, mamma di Federico Aldrovandi che a 18 anni è stato picchiato a morte da agenti della polizia: «Quando i giornali hanno pubblicato le foto, l’indagine non ha più potuto fermarsi». 
E poi, fuggevole e incisivo, è arrivato anche Roberto Saviano acclamato dalla folla. «Non è vero che questa legge difende le telefonate tra fidanzati – spiega lo scrittore – il suo unico scopo è impedire che il potere venga raccontato. La privacy che vogliono proteggere è quella degli affari, anzi dei malaffari». Agli applausi per l’autore di Gomorra si sono alternati i fischi per un’altra presenza non gradita dalla folla di piazza Navona: Patrizia D’addario si è fatta largo affermando il suo no deciso ad una legge che, a suo dire, dovrebbe portare il suo nome.
A giornata conclusa è tempo di bilanci. Il presidente Napolitano, da parte sua, ha affermato la presenza di numerosi punti critici nella legge che, se non modificata, sarà di difficile approvazione. Intanto i prossimi appuntamenti per il popolo del “no bavaglio” sono fissati per il 9 luglio, giornata di blackout dell’informazione, e per il 29 con il presidio davanti a Montecitorio quando il ddl arriverà in aula. In caso di approvazione si ricorrerà subito alla Corte europea di Strasburgo.

di Teresa Gentile

Svevo Ruggeri
Svevo Ruggeri
Direttore, Editore e Proprietario di Eclipse Magazine