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Avril Lavigne: primo ascolto del singolo “Hello Kitty”

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Avril Lavigne: primo ascolto del singolo “Hello Kitty”

Avril-LavigneIl nuovo brano della cantautrice canadese tra ostentazione dance-pop e accuse di razzismo

Della (presunta) rocker ribelle che abbiamo conosciuto 15 anni fa, è rimasto ben poco. Forse c’era da aspettarselo ma diciamoci la verità: ad Avril Lavigne abbiamo sempre perdonato volentieri qualche eccesso melodico, perché il suo power pop aveva “un che” di divertente. In realtà, quello della cantautrice canadese, ormai alla soglia dei 30 anni, è stato un passaggio progressivo alla musica commerciale, nel senso peggiore del termine. Perché questo aggettivo non sempre è indice di qualcosa di brutto (la musica è piena di brani divertenti etichettabili come easy listening) ma ascoltando il suo ultimo singolo, Hello Kitty, è facile capire che non è questo il caso.

Se fino al 2007 la hit Girlfriend e l’album The Best Damn Thing, avevano segnato un “salto di qualità” rispetto agli esordi, in favore di un punk pop più orecchiabile e scanzonato, in Hello Kitty il punk/rock è ormai un ricordo lontanissimo. Che il suo ultimo album omonimo, Avril Lavigne (fine 2013), avesse lo spirito del pot-pourri era chiaro. Ma Hello Kitty sembra confermare che il matrimonio con il rocker Chad Kroeger (Nickelback) e il duetto con l’inquietantissimo Marilyn Manson (in Bad Girl) sono serviti a poco: rap aggressivo, melodia pressoché inesistente (o quasi), dubstep di pessima fattura e uso smodato del loop. A guardare le classifiche di oggi sembrerebbe la ricetta ideale per raggiungere la prima posizione, eppure i nomi di Lorde, Pharrell Williams, John Legend e tanti altri, sempre presenti e in costante ascesa, sono il sintomo di un malessere evidente: il pubblico si aspetta ancora “qualcosa di più”.

Hello Kitty è simile a tante altre canzoni che si sentono in radio, di cui non riusciamo ad identificare l’autore. Inoltre il video, uscito lo scorso 21 Aprile, ha già subito molte critiche: l’accusa, mossa anche al brano, è quella di razzismo nei confronti della cultura giapponese, a causa dell’utilizzo di stereotipi offensivi. Avril Lavigne ha già replicato: «Razzista io? Amo la cultura giapponese e trascorro metà del mio tempo in Giappone. Sono volata a Tokyo per girare questo video appositamente per i miei fan giapponesi, CON la mia etichetta giapponese, coreografi giapponesi E un regista giapponese IN Giappone.»

Anche credendo alla sua buona fede, non possiamo non pensare che l’omaggio al Giappone è qualcosa che abbiamo già visto e che, nel 2004, Gwen Stefani aveva fatto molto meglio (trasformando il suo album Love.Angel.Music.Baby nel progetto artistico Harajuku Lovers). Ma dieci anni dopo, la concorrenza spietata dei colleghi, sembra aver costretto Avril Lavigne ad un tentativo disperato: riportare l’attenzione su di sé a qualunque costo.

di Lucia Gerbino

– video: