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Iran: l'opposizione protesta, il regime reprime

Iran_scontriGiorni di scontri a Teheran: repressioni, vittime e arresti Una bomba ad orologeria

È quello che sembra l’Iran, soprattutto in questi ultimi giorni. Giorni di regime e repressione che hanno visto Teheran teatro di violenti scontri tra polizia e manifestanti anti-governativi, dal corteo per la festività sciita dell’Ashura.

Oltre 15 i morti, secondo il bilancio della tv di Stato, tra cui Ali Habibi Mussavi, il nipote del capo dell’opposizione. Alcune vittime si sarebbero registrate anche nella città nord-occidentale di Tabriz.

È il sito d’opposizione Jaras a riportare qualche dettaglio in più: ha riferito che la polizia ha usato gas lacrimogeni per disperdere i dimostranti, per poi aprire il fuoco su di loro. Nel centro della capitale sono state chiuse le stazioni della metropolitana, su ordine delle forze di sicurezza. I telefoni cellulari continuano a non funzionare, gli sms sono stati disattivati e le connessioni a Internet sono sempre più rallentate. Nei giorni scorsi dal leader Moussavi era partito un appello lanciato su Twitter ai propri sostenitori: «scendere in strada a Teheran… nel caso che sia arrestato qualunque leader del movimento Verde. Ditelo a tutti». E poi si è detto “pronto a diventare un martire come coloro che si sono sacrificati dopo le elezioni. Il mio sangue non è più rosso del loro”.

Sempre secondo quanto riportato dal sito Jaras, in queste ultime ore il governo iraniano starebbe dislocando forze di sicurezza nelle piazze delle principali città della repubblica islamica e convogliando centinaia di soldati e decine di blindati verso Teheran proprio per reprimere gli annunciati nuovi cortei di protesta. Altra forma di repressione, gli arresti: chi si oppone è un “nemico di dio” e dovrebbe essere giustiziato in base alla Sharia, la legge islamica, secondo l’ayatollah Abbas Vaez-Tabasi, che rappresenta Khamenei, guida suprema dell’Iran. Tra i più eccellenti, quello di uno dei più stretti collaboratori di Moussavi, di Nooshin Ebadi, sorella del premio Nobel per la pace (2003) Shirin Ebadi, avvocatessa pacifista e dell’ultrasettantenne ex ministro degli Esteri Ibrahim Yazdi, dirigente del Movimento per la liberazione dell’Iran.I siti internet dell’opposizione iraniana denunciano anche le manette per attivisti anti-governativi e dei diritti umani, giornalisti e membri di associazioni studentesche.Aria pesante anche sul fronte internazionale con botta e risposta tra il regime e l’occidente.

I Pasdaran iraniani, le Guardie rivoluzionarie, accusano l’Occidente e i media internazionali di essere parte di un complotto per provocare una “rivoluzione di velluto“, una guerra psicologica per rovesciare il regime. Il presidente iraniano Ahmadinejad ha, infatti, definito le manifestazioni dell’opposizione una “nauseante mascherata promossa da americani e sionisti“. “Non servirà il pentimento – ha detto – il giorno in cui la nazione si muoverà come un grande oceano contro di voi“. Parole per cui l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Navi Pillay, si è detta “scioccata“. Il ministro degli Esteri iraniano, Manuchehr Mottaki, ha poi replicato duramente alle accuse di Londra: se la Gran Bretagna non cesserà di parlare della repressione delle proteste in Iran “riceverà un pugno in bocca“. Anche la Ue si dice “preoccupata per la repressione violenta e la detenzione arbitraria dei manifestanti in Iran e condanna ogni forma di violenza contro coloro che cercano solo di esercitare la loro libertà di espressione e il diritto di assemblea“. Ferme condanne da Usa, Germania, Francia e Russia.

Dall’Italia, il presidente della Camera, Gianfranco Fini, si augura che “la comunità internazionale e l’Unione europea si facciano carico delle risposte da fornire ai tanti iraniani che scendono in piazza e mettono a rischio la propria vita per esprimere un desiderio di libertà“.

di Valeria Fornarelli