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Le interviste di Eclipse: Clara Sanchez

Clara_SanchezIl profumo delle foglie di limone, il romanzo che ha fatto conoscere Clara Sanchez in tutto il mondo

Clara Sanchez è venuta nei giorni scorsi in Italia per presentare il suo nuovo libro “Il profumo delle foglie di limone”.

Si tratta del suo primo romanzo edito nel nostro paese, ma non certo la sua opera prima, come ci racconterà durante l’intervista.

Il romanzo racconta la storia di Sandra che è in un momento di crisi esistenziale, una giovane dei nostri tempi che vive le incertezze di oggigiorno. Sulla sua strada troverà due amabili anziani stranieri, pronti ad aiutarla e a donarle l’affetto di cui necessita… ma non tutto è ciò che sembra come questa coppia di vecchietti che nascondono un passato di criminali nazisti… un passato mai sopito che non ha timore di tornare.

Ne parliamo con Clara Sanchez proprio oggi, il “Giorno della memoria”.

  • La sua carriera di scrittrice inizia alcuni anni fa, ma giunge in Italia con la sua opera di successo mondiale. Può parlarci del suo percorso creativo?

Beh diciamo che io ho sempre scritto, ho sempre concepito la mia vita come quella di una scrittrice… da quando ero bambina. Il mio primo lavoro che è stato pubblicato risale al 1989. In sintesi potrei definire il mio modo di approccio alla scrittura come quella di una persona curiosa che però esprime il suo senso di contrarietà nei confronti del mondo in cui vive. Attraverso la mia scrittura esprimo una mia esigenza di cambiamento… è una costante che trovo in me stessa, comunque sempre presente anche di fronte ad un mondo estremamente mutevole.

 

  • Tradizionalmente i nonni sono portatori di esperienze positive, i punti di riferimento della storia familiare. Lei ci presenta una coppia emblema del male storico recente… come dire che dietro ad un aspetto benevolo si nasconde un male più cupo?

E’ sicuramente così, nel caso di Fredrik e Karin in più sono dei mostri nascosti dietro i loro volti gentili ed amabili… però abbiamo anche un altro personaggio Julian, il quale nasconde anche lui qualcosa… ma è solo il suo dolore e la sua sofferenza.

 

  • Un aforisma di Nietzsche recita: “Se guardi a lungo nell’abisso, l’abisso ti guarda dentro”… Nello scrivere “Il profumo delle foglie di limone”, ha provato lo stesso timore?
Beh… diciamo non personalmente… tuttavia ha ragione lei, l’attrazione per l’abisso è una vera e propria costante dell’animo umano, purtroppo. Nel romanzo questa forte attrazione per l’abisso si manifesta quando Sandra, la protagonista, si sente attratta da Alberto, detto l’anguilla… è quella sicuramente una chiave molto importante del libro

 

  • Pensa che parlare del male sia comunque utile per non dimenticare ciò che è accaduto?

Io credo sia sempre utile parlare del male… per non dimenticare o comunque per avere sempre presente l’accaduto. Ma più in generale rtengo sempre opportuno parlare dei sentimenti umani, siano essi positivi o negativi. Credo che il romanzo, come metodo di divulgazione dei sentimenti umani sia eccezionale. Lo strumento perfetto. Infatti descrive alla perfezione e può contenere mirabilmante direi, il meglio e il peggio che si nasconde nell’uomo. Per questo motivo io consiglio sempre di leggere molto, ogni genere che può interessare. Leggere libri e romanzi ad ogni età, ma soprattutto lo consiglio ai giovani, in quanto il romanzo non ha censura ed è il mezzo più libero, rispetto alla tv o ad altre vie di comunicazione.

 

  • Considara perciò il suo libro come una sorta di “cura” culturale per le nuove generazioni, visto anche le tematiche affrontate?

Beh, non oso pensare a tanto… tuttavia mi piace credere che il mio romanzo abbia contribuito a far luce, a far emergere all’opinione pubbica e all’attenzione dei media la questione della permanenza e del soggiorno degli ex nazisti in territorio spagnolo. Una questione che sicuramente era conosciuta dai locali, ma che tuttavia è sempre stata taciuta. Inolte gli ex nazisiti si sono anche facilmente mimetizzati fingendosi turisti lungo il litorale spagnolo, turisti danarosi provenienti dal nord europa, con l’amore per la Spagna tanto da decidere di rimanerci per sempre.

 

  • Uno dei suoi protagonisti, Julian, è reduce dal campo di sterminio di Mathausen e da quelle terribili esperienze che lo portano per tutta la vita alla ricerca di una giustizia. Qual è il sottile confine tra giustizia e vendetta?
La giustizia si basa su delle leggi che sono il frutto del consenso della società, a mio avviso. La vendetta invece è un sentimento individuale, personale, del singolo… Possono tuttavia entrare nello stesso campo, fondersi, soprattutto quando le leggi relative alla giustizia non vengono applicate. In questi casi la vendetta si manifesta con particolare vigore e virulenza… Sostanzialmente un venir meno delle leggi che regolano la giustizia apre le porte alla vendetta…

  • Per lei “obbedire agli ordini” può essere una giustificazione per l’Olocausto?

Beh, i vecchi nazisti colpevoli che sono fuggiti alla giustizia e non hanno pagato per le loro atrocità cercano di giustificarsi con ogni mezzo possibile e alla loro portata con l’unico scopo che è quello si salvarsi la pelle. Quindi è più che normale che loro affermino che obbedivano ad ordini… oppure che facendo quelle azioni mirassero alla creazione di una razza superiore… sono a mio avviso tutte scuse che servono per prima cosa a calmare e giustificare le loro azioni e le loro coscienze.

  • Se un bambino le chiedesse perché si muore e soprattutto perché si vuole uccidere qualcuno, cosa gli risponderebbe?
Beh, diciamo che incomincerei a dirgli che il voler uccidere e l’uccidere davvero sono due cose diverse e ben distanziate.
Uccidere veramente qualcuno implica un’azione criminale legata alla natura di una certa persona, di un individuo, e potrebbe anche essere patologico come nel caso degli psicopatici assassini. Di contro desiderare di uccidere qualcuno può succedere, ma è in noi, nella nostra educazione morale e sociale mediare tra questo impulso e portare a compimento il tutto. Per arrivare davvero ad uccidere qualcuno bisogna essere una persona la cui psiche mi costa davvero molto comprendere.
  • Che valore avrebbe il recupero della figura dell’anziano in una società come la nostra che quasi non ammette più il dialogo generazionale?
Il recupero della figura dell’anziano e del relativo dialogo generazionale sarebbe davvero molto importante. Permetterebbe, ad esempio, di imparare gli uni dagli altri, di generazione in generazione, costituendo così una memoria storica seria. Non ho dubbi che le cose migliori della vita e le esperienze più formative non si imparino scritte sui libri, bensì tramandate oralmente, ascoltando le persone che sono vissute prima di noi, con il loro enorme bagaglio di esperienze e verità.
  • Chiudiamo con la classica domanda: sono già in lavorazione progetti futuri?

Sono molto incuriosita dalle vicende di Sandra, la protagonista di questo libro… sono davvero curiosa di vedere come sia maturata, che segni le hanno lasciato le vicende qui narrate… ma rimanderò il tutto ad un romanzo successivo, non sarà sicuramente il prossimo… questa è una storia che va lasciata sedimentare, anche nell’animo dell’autore.

 

Ringraziamo come sempre Francesca Rodella, responsabile dell’ufficio stampa della Garzanti, che ha reso possibile la nostra chiacchierata con l’autrice.

 

di Svevo Ruggeri

 

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