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Sperlonga, la Grotta di Tiberio

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Sperlonga, la Grotta di Tiberio

La Grotta di Tiberio

Laocoonte

Le speluncae romane, da cui il nome Sperlonga, hanno donato reperti archeologi di qualità assoluta… Un regalo di inestimabile valore che ha reso la città un fulcro culturale di rilievo internazionale

La città di Sperlonga ha delle origini mitiche, delle quali non c’è un vero e proprio riscontro se non nelle tradizioni orali.
Si dice che esuli spartani si trovarono nei pressi dell’attuale Sperlonga e fondarono una città chiamata Amyclae e la abitarono per molto tempo. Questi spartani erano seguaci della setta pitagorica che evitava l’uccisione di animali e in occasione di un’ifestazione di serpenti provenienti dai territori paludosi limitrofi furono costretti a fuggire lasciando per sempre la cittadina (Amyclae a serpentibus deletae).

Ma una seconda leggenda sempre riconducibile alla presenza spartana nel luogo, a dire il vero mai accertata storicamente, racconta che il popolo di Amyclae si impose la regola del silenzio, poiché molte volte parole a sproposito avevano allarmato inutilmente lacittà. In occasione di un’invasione, la regola del silenzio contribuì a non permettere un adeguato avviso del pericolo imminente e la città fu sorpresa e sconfitta… addirittura rasa al suolo.
Dalle macerie venne poi eretta la nuova città chiamata in ultimo Sperlonga.

Ma la leggenda non è storia. In Italia si ha la certezza che la sola città di Taranto ebbe una forte colonia spartana e che lì si stabilì anche il credo pitagorico con tutte le sue regole.
Sperlonga, invece, è un nome derivante dal latino speluncae (caverne), perchè nella zona ci sono numerose caverne spesso riadattate in epoca romana a luoghi piacevoli dove vivere e soggiornare.

Ebbene è proprio una grotta il punto di riferimento grazie al quale si costituì il nucleo abitato originario, ed è attuamente conosciuta come la Grotta di Tiberio. Sia lo storico romano Svetonio che Tacito ricordano nelle cronache di quei tempi che l’imperatore Tiberio, amante delle grotte, corse un grave pericolo proprio in quella che poi prese il suo nome. Un enorme masso si staccò precipitando esattamente dove si trovava l’imperatore che venne salvato dall’amico Sejano, accortosi per tempo dell’imminente schianto del masso.

Ma il nome di Sperlonga e la sua celebrità storica sembra essere sempre legato ad una grotta. Nel 1957 in occasione dei lavori della via Flacca l’ingegner Erno Bellante fu incuriosito da alcuni ritrovamenti di marmi evidentemente lavorati dall’uomo. Decise di prendere con sé alcuni lavoranti e incominciò di sua iniziativa lo sbancamento dei detriti all’interno e in zone limitrofe della grotta. Ovviamente ci fu un incremento di rinvenimenti archeologici che spinse la Soprintendenza di Roma ad interessarsi del sito e a imbastire di lì a poco un vero e proprio cantiere archeologico.

I ritrovamenti furo davvero ingenti e resero famosa Sperlonga in tutto il mondo degli studiosi e culturale in genere. Questo spinse la popolazione dell’epoca a protestare contro il progetto di spostare i reperti a Roma. La protesta fu veemente tanto che le cronache citano posti di blocco lungo il litorale e nei pressi dello scavo, dove vennero fermati i camion pronti a partire verso Roma con il carico di reperti. Si ricordano, inoltre, scontri con le forze dell’ordine. Il risultato della protesta si ottenne di lì a poco, quando nel 1963 venne costruito il Museo Nazionale di Sperlonga, atto a cogliere tutti i reperti romani del territorio, un’opera che garantisce lustro alla cittadina e la rende anche meta di turismo culturale oltre che balneare.

Durante gli scavi alla grotte tra le prime cose che vennero scoperte fu una scritta molto importante, che attestava la presenza di opere di tre artisti di Rodi: Athanodores, Agesandros, Polidoros. Gli stessi nomi, sono citati da Plinio il Vecchio quali autori del Laocoonte, scultura celeberrima già nell’antichità, ritrovata nel 1506 tra le rovine del palazzo di Tito a Roma e ora presente nei Musei Vaticani.

La stragrande maggioranza dei rinvenimenti si trovarono nelle piscine situate all’entrata dell’antro di Tiberio, oltre che all’interno dello stesso. Le sculture sono di valore assoluto ma sono  spezzate in più punti, lasciando pensare non certo ad incidenti nell’arco dei millenni, bensì ad un preciso intento di cui, comunque, non si ha traccia in nessuna cronaca se non nelle sculture stesse. Il lungo ed attento lavoro di restauro portò presto dei risultati. Per prima cosa si seppe che le sculture sono quasi totalmente rappresentanti miti omerici, gli stessi che nel litorale romano sono molto presenti, basti pensare al passaggio di Ulisse, al Circeo e alla sua maga, alla città di Lamo che spesso viene collegata all’attuale Terracina. Ad avvalorare ulteriormente questa tesi, tra i reperti venne ritrovato anche una lastra marmorea non completa che cita un poeta amico di Marziale, conosciuto alle cronache come Faustino, il quale avrebbe commissionato alcune opere per l’imperatore, della cui bellezza lo stesso Virgilio rimase folgorato.

Il riconoscimento iconografico non fu semplice lavoro per gli studiosi, tuttavia giunsero alla sicura definizione di alcuni gruppi scultorei come quello di Scilla, di Polifemo, il gruppo di Ulisse e Achille, il Ratto del Palladio e l’Erma di Enea… ma non sono le uniche opere rinvenute e presenti nel Museo.

In tutti i gruppi si riscontra una serie di affinità stilistiche sia tra i singoli elementi statuari, sia tra le composizioni scultoree stesse, tanto che sembra riconoscibile una stessa mano, pur nelle inevitabili differenze derivanti dall’ aver riprodotto modelli cronologicamente e artisticamente diversi. Ciò che rende il materiale archeologico rinvenuto a Sperlonga di rilievo mondiale è sicuramente la qualità assoluta delle sculture che sono tra le massime espressioni ellenistiche riconducibili probabilmente al 200 a.C.

di Svevo Ruggeri

Svevo Ruggeri
Svevo Ruggeri
Direttore, Editore e Proprietario di Eclipse Magazine