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I Depeche Mode incantano i 50.000 spettatori dell'Olimpico di Roma

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I Depeche Mode incantano i 50.000 spettatori dell'Olimpico di Roma

depeche_mode_roma16 Giugno 2009 ore 16.45: i cancelli dell’olimpico si spalancano pronti ad accogliere l’universo dei Depeche Mode e per un gruppo non tanto numeroso di persone tutto comincia ora.

Una lunga attesa mette a dura prova i più temerari che, muniti di creme protettive e salviette rinfrescanti, sfidano un sole accecante per potersi ritagliare un posticino il più vicino possibile al palco. Un’attesa che finisce intorno alle 19.45 quando ad accendere la già super accaldata atmosfera ci pensa il supporter M83 che elettrizza l’aria per circa mezz’ora con un ondata di elettronica che si abbatte sulla ancora esigua folla di persone. Si ripulisce i palco, le luci si accendono e dall’alto comincia a roteare la sfera col logo dei Depeche. E alle 21, in abbondante anticipo sull’orario previsto e con lo stadio ancora semivuoto arrivano loro: Dave Gahan, Martin Lee Gore e Andrew Fletcher.
In chains apre le danze di quello che è stato uno dei concerti più attesi degli ultimi mesi: pochi giochi di luce, tre maxischermi sui quali vengono proiettate le suggestive immagini curate dal fedelissimo video maker Anton Corbijn rendono il tutto sobrio ma di fortissima efficacia. E subito, seconda in scaletta, la prima scossa: Wrong, l’adrenalinico singolo dell’ ultimo album, che malgrado qualche cedimento della voce di Dave fa cantare tutti a squarciagola.
Ma basta poco ed eccolo li con le sue ormai storiche piroette e movenze a far roteare l’asta del microfono. Reduce da un intervento chirurgico per un tumore che, poco più di un mese fa, ha costretto la band ad annullare ben 11 date, sembra quasi incredibile vederlo cosi energico, carismatico e sensuale più che mai. Due ore di spettacolo scivolano via in un batter d’occhio, affondando a piene mani tra vecchi e nuovi successi e Gahan tira il fiato lasciando il campo all’osannato Martin Gore che intona Home e Little Soul. Intorno alle dieci basta uno sguardo per capire che ormai siamo in 50.000. L’ olimpico trema con I Feel You e It’s no Good, risponde pronto alla carica di Gahan battendo le mani e unendosi, se non sostituendosi alla sua voce sulle note di Walking in my shoes, Never let me down again, Peace. Esplodendo con Strangelove, Personal Jesus e Enjoy the silence. E “ All I ever wanted, all I ever Needed is here. Si, proprio qui su quel palco.
Ma la notte si avvicina e sappiamo che siamo ormai agli sgoccioli: stretti sulla passerella che si insinua tra la folla Gahan e Gore, fianco a fianco, salutano il pubblico con Waiting for the night riuscendo a creare tra l’immensità della folla un’intimità sbalorditiva. Un ultimo momento topico da far venire la pelle d’oca.
Domani lo tsunami di sinthpop travolgerà il San Siro di Milano per la seconda e ultima tappa italiana del tour, e a noi non rimane che la speranza di non dover aspettare altri quattro anni prima di poterci tuffare nuovamente nel mare di elettronica dei Depeche.

di Michela Pisanu

Svevo Ruggeri
Svevo Ruggeri
Direttore, Editore e Proprietario di Eclipse Magazine