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Blur: The Magic Whip

Blur - The Magic Whip

Blur

Blur

Il ritorno della band di Damon Albarn tra sperimentazioni elettroniche e nostalgico brit pop

Bisogna evitare i cliché e tenersi alla larga da affermazioni perentorie del tipo “Si stava meglio quando si stava peggio” o “La musica è arrivata al capolinea”. Pur ammattendo che un fondo di verità in queste dichiarazioni c’è, non si può far finta che, di certe perle musicali del passato, rimanga soltanto un ricordo.

Riesce facile, quindi, provare simpatia per le parole di Graham Coxon che, durante una recente ospitata dei Blur nel programma di Fabio Fazio, alla domanda: «Che cosa è rimasto del brit pop?» risponde senza indugi: «Niente, tranne noi e i film di Austin Powers.»

Già. Fino allo scorso 27 Aprile, eravamo obbligati ad riascoltare qualche vecchio album per ricordarci cosa fosse il brit pop, quanto abbia segnato profondamente gli ani ‘90 e quanto, all’epoca, ci abbia appassionato lo “scontro” OasisBlur, i due gruppi che hanno impresso il proprio marchio su quella decade. Diversissimi da sempre: i primi, più legati alla memoria beatlesiana; i secondi, cronisti attenti dell’Inghilterra di quel periodo che hanno raccontato con scanzonata ironia ed eleganza.

E dopo lo scioglimento degli Oasis, del 2009, sono proprio i Blur a tornare protagonisti, dopo 12 anni di silenzio, con The Magic Whip, album registrato ad Hong Kong in soli 5 giorni. Normalmente ci sarebbe da diffidare di tanta fretta, se non fosse che stiamo parlando dei Blur, band di lungo corso che si è sempre preoccupata poco di piacere al grande pubblico e che forse proprio per questo l’ha conquistato.

 “Whip” è la frusta per montare la panna, ma può riferirsi anche al gelato già montato. E allora il titolo del nuovo disco dei Blur, come suggerisce l’immagine in copertina, potrebbe essere tradotto come “Il gelato magico”. Il titolo è preso in prestito da un marchio cinese di petardi, forse perché suonava bene, forse perché l’Asia (in cui la band si è stanziata per un po’) ha avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione dell’album o forse perché il ritorno dei Blur può essere considerato davvero “col botto”.

L’apertura è per Lonesome Street è un pezzo cadenzato e accattivante in cui Albarn denuncia una società votata al consumo, una denuncia presto smorzata da un ritornello intriso di romanticismo (“E se non ti resta più nessuno su cui contare, ti stringerò tra le mie braccia e ti lascerò scivolare via”). Go Out è il primo singolo estratto e anche uno dei “cavalli di battaglia” di The Magic Whip: è il pezzo old school dei Blur che si regge sul basso di Alex James e sull’irresistibile “uh-uh-oh” di Damon Albarn; la chitarra di Graham Coxon aggiunge il tocco grunge che rende il pezzo una hit.

Ma il disco non è solo un eco del brit pop degli anni ’90, c’è anche modo di sperimentare: nei primi minuti di Thought I Was A Spaceman sembra di ascoltare David Bowie (il tema spaziale sarà una citazione voluta?) mentre in New World Towers Albarn sembra essersi portato dietro un po’ di trip hop dalla sua esperienza con i Gorillaz.

E se i pezzi che ricorderemo sono quelli radiofonici, è nelle ballad che i Blur danno il meglio di sé: la malinconica e struggente My Terracotta Heart e Mirrorball (pezzo con elementi western che sembrano rubati a un film di Sergio Leone) ci ricordano che i Blur non sono solo i quattro ragazzi buffi di Country House, ma anche gli autori intimisti di capolavori come The Universal e Tender.

In sintesi, cosa aspettarsi da The Magic Whip? Un album fortemente identitario, che incontrerà i gusti di aficionados e neofiti del brit pop, ma con idee nuove che soddisferanno anche gli appassionati di elettronica e canzone d’autore. Imperdibile.

di Lucia Gerbino

 

Blur – The Magic Whip (Tracklist)

  1. Lonesome Street
  2. New World Towers
  3. Go Out
  4. Ice Cream Man
  5. Thought I Was a Spaceman
  6. I Broadcast
  7. My Terracotta Heart
  8. There Are Too Many of Us
  9. Ghost Ship
  10. Pyongyang
  11. Ong Ong
  12. Mirrorball