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Passione per il cinema, amore per la letteratura: Marco Marrocco si racconta…

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Passione per il cinema, amore per la letteratura: Marco Marrocco si racconta…

Marco_MaroccoMarco Marrocco è un giovane romano, cresciuto con la passione per il cinema e maturato grazie all’amore per la letteratura.

La sua vita si divide tra immagini e parole, cinema e televisione, pittura e scrittura. Giunto alla sua seconda pubblicazione con Olio su tela, Marco è pronto per cimentarsi nel romanzo, senza abbandonare del tutto il cinema e la televisione.

Il tuo percorso formativo è ricco di esperienze, anche molto diverse tra loro, assistente alla regia, autore, scrittore… Come sei passato dal cinema alla letteratura?
Come sempre più spesso accade in Italia, ho compiuto questo passaggio per necessità. Ho iniziato a fare cinema perché era il mio sogno. Ho lavorato a tre film, nel primo portavo i caffè, piano piano ho acquisito le conoscenze e le capacità giuste, anche se devo ammettere che l’impatto con un set cinematografico non è stato dei migliori: è un mondo fatto di cavi e fili, tutta un’altra cosa rispetto a quello che si legge sui libri. Il cinema però non mi dava molto sostentamento per cui ho tentato altre strade, arrivando così in televisione. Ho iniziato come assistente alla regia, forte dell’esperienza cinematografica, ma con grande sorpresa ho scoperto che c’era poco in comune. Da qui ho iniziato a fare l’autore per un programma che si chiama 1×1 su Sat2000. Per quanto riguarda la letteratura, non la considero affatto un lavoro, sono io!   

Se un giorno ti chiedessero, “che lavoro fai?”, come ti piacerebbe poter rispondere?
Spero di poter dire che il mio lavoro è scrivere. Serie televisive, sceneggiature..sento un feeling con la scrittura, ho l’impressione di fare una cosa che mi appartiene, qualunque sia la sua forma.   

Il tuo ultimo libro Olio su tela ha molti spunti cinematografici. Quando scrivi pensi ad una possibile trasposizione cinematografica o è un qualcosa che viene fuori spontaneamente?
Quando Gutenberg inventò la stampa, gli scrittori iniziarono a scrivere seguendo i suoi caratteri e le sue regole e a poco a poco le fecero entrare nel loro dna. Così il cinema dopo più di cento anni di storia si è installato nell’anima di tutti: autori, scrittori, poeti, e quando scrivi inconsapevolmente ne fai riferimento. Per me il legame è ancora più forte, il cinema l’ho studiato e l’ho vissuto e un po’ di queste esperienze entrano a far parte del mio libro. Il cinema permette di accostare due cose e dargli un senso comune, così si può fare anche con la scrittura.   

Il tuo regista preferito è Fellini. Pensi che possa esistere un nuovo Fellini in Italia?
Diciamo che c’erano le condizioni perché ciò avvenisse. Se ti dicessi che questa società è peggiore di quella di prima non mentirei. Io invidio una cosa ai grandi registi e scrittori di quell’epoca non solo il loro retroterra di autori come Flaiano, Pinelli, Tonino Guerra, Pasolini, Moravia, ma soprattutto il pubblico, sicuramente migliore del nostro.   

C’è un regista oggi che merita di essere definito tale?
In Italia ce ne sono alcuni che meritano, ma il rischio dei nostri registi è quello di fare un cinema senza anima, troppo intellettuale e d’autore. Considero bravo Sorrentino, anche se Il divo non l’ho apprezzato molto; Garrone, ma non Gomorra, non mi è piaciuto. Mi preoccupa il fiorire del cinema mafioso-camorristico, purtroppo in Italia se una cosa funziona la vogliono fare tutti. Tornatore, invece, è uno capace di parlare di cinema e di spiegarlo a chiunque con semplicità. Una pura formalità è uno dei suoi film più belli, mi è rimasto nel cuore anche se non ha avuto molto successo nonostante il cast spettacolare, probabilmente per via del tema che nel nostro paese tende ad essere insabbiato: il suicidio. All’estero su tutti prediligo Tim Burton.

 

Tornando alla letteratura, quali sono gli autori che senti più vicini, per il metodo di scrittura o per i soggetti trattati?

La mia formazione come lettore si basa molto sulla letteratura americana. Ho imparato ad amare Steinbeck, Hemingway, Faulkner, Kerouac, Fitzgerald. Amo visceralmente John Fante. In Italia ho avuto qualche difficoltà nell’approccio, ma apprezzo molto Calvino, Flaiano, Buzzati e Landolfi.   

Parliamo del tuo libro Olio su tela. Da dove nasce il titolo?
Nasce dalla mia passione per la pittura. Quando dipingo sento di essere felice, non sento la fatica (contrariamente a quanto avviene quando scrivo), non c’è un genere a cui mi ispiro, seguo il mio umore, il mio stato d’animo, realizzando a volte una dipinto neoespressionista, qualche volta astratto o persino figurativo. Considero Kandinsky il mio maestro, consiglio a tutti di leggere Dello spirituale nell’arte, io l’ho trovato eccellente.   

Kandinsky sembra essere il tuo punto fermo. Ma allora perché sulla copertina hai scelto di mettere un quadro di Matisse?
Perché Matisse è stato più di Kandisky il re incontrastato del colore e il mio libro voleva suggerire proprio l’idea di un quadro che non ha bisogno del disegno per esistere, si nutre del colore e solo con i colori riesce a descrivere un concetto.   

Il tuo libro sembra un flusso di coscienza, uno scorrere di idee, di pezzi di vita e di pensieri tracciati sulla pagina senza limiti con un piacevole senso di libertà. Cosa volevi suggerire?
Volevo proprio questo. Parlare di libertà, libertà di scrivere soprattutto. Quello che si fa oggi è puntare su un tipo di scrittura che è forse molto spesso è banale. Olio su tela è il contrario, è l’unione di generi e scritture diverse che generano smarrimento e qualche omissis.

Qual è il lettore ideale per il tuo libro?
È un pubblico che si è stancato di quello che il mercato gli propone. Un pubblico che rinuncia alle certezze e si arrovella per andare alla ricerca del significato nascosto.   

Come è stato l’impatto con il mondo editoriale?
È stato difficile. Ho incassato molti no prima di incontrare un editore coraggioso, qual è Mauro Bonanno con il quale ho pubblicato anche il primo libro Rosso Negroni.   

Cosa consigli a un giovane scrittore?
Bisogna leggere, Stephen King, consiglia 80 romanzi l’anno, forse sono un po’ troppi, ma è importante per chi si accosta alla scrittura aver letto e soprattutto aver capito cosa piace o non piace e perché.   

Quali sono i progetti in cantiere?
Arrivare a fine mese è il primo obiettivo. Se continuo l’esperienza di autore televisivo, mi piacerebbe realizzare qualcosa di più leggero, un programma delirante che alleggerisca dai pensieri quotidiani. Vorrei riuscire a pubblicare il nuovo romanzo che so scrivendo e perché no veder realizzarsi la serie televisiva che sto ideando insieme ad un’amica.

di Maria Teresa Pasceri