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8 marzo – Letteratura in Rosa: quando il romanzo è donna

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8 marzo – Letteratura in Rosa: quando il romanzo è donna

Il “woman power”, pagina dopo pagina…

Spazi indefiniti, grandi praterie verdi, aspri pendii, abissi incolmabili. L’universo femminile è di certo il più esteso e multiforme di tutta la via lattea: ampio ventre materno e pericoloso campo di battaglia, tenera cavità ed enorme caverna buia e desolata. Le donne sono gli essere più complicati e contraddittori che il buon Dio abbia modellato, duri e fragili come la creta che ne delineò forme abbondanti e tratti delicati. Nel corso degli anni sono state fonte d’ispirazione, contenitore per la raccolta in-differenziata di pugni e carezze, di odi altisonanti e discriminazioni.

Ciò che le donne hanno – in bene e in male – ricevuto nel corso dei secoli è senz’altro pari a quello che sono state capaci di dare. Il vittimismo dunque non si addice a creature “geneticamente amazzoni”; è preferibile piuttosto narrare i modi in cui hanno ottenuto, con coraggio e determinazione, la loro rivalsa. Uno di questi è sicuramente quello della scrittura: da muse ispiratrici ad autrici di se stesse e del mondo circostante, i libri diventano il segnale più potente di un’emancipazione costata decenni di lotte, pantaloni ribelli e slogan urlati.

Ecco allora quattro donne che hanno fatto della penna la propria arma bianca; quattro autrici italiane che hanno cristallizzato il proprio talento trasformandolo nel meraviglioso megafono del “woman power”…perché non c’è potere più grande che dare voce all’anima.

Dacia Maraini. Figlia dell’etnologo Fosco Maraini e della pittrice siciliana Topazia Alliata di Salaparuta, Dacia cresce in un ambiente culturalmente florido che le fornirà gli strumenti necessari per poter leggere con occhi disincantati e critici il tragicomico universo femminile. Compagna instancabile dello scrittore Alberto Moravia, conobbe il successo nel 1962 con il suo primo romanzo La vacanza. A proposito dell’atavica contrapposizione tra donna vittima/uomo carnefice, la Maraini ha le idee molto chiare: “Non è una questione biologica, ma culturale. Mi rifiuto di pensare che il mondo sia diviso in due generi l’un contro l’altro armati. Non ho mai pensato a un mondo di donne che si oppone a un mondo di uomini. Sarebbe razzista. Penso a due culture: una attaccata ai privilegi, ai ruoli, che si sente insidiata e reagisce con la violenza – ma ci sono anche molte donne che ne fanno parte – e una aperta, generosa, che crede nel rispetto dell’altro da sé, in cui si trovano uomini e donne. Guerra di culture, non di sessi.”

Susanna Tamaro. Classe 1957, Susanna nasce a Trieste da una famiglia della media borghesia. Dopo una breve esperienza nel mondo cinematografico, il successo vero e proprio arriva nel 1994 con il romanzo sentimentale Va’ dove ti porta il cuore. La storia è un lungo diario scritto da una nonna per una nipote: una confessione epistolare che accorcia le distanze fra due donne figlie di epoche lontane. La volontà di esplorare in lungo e largo l’universo femminile, la costringe a investigare e denunciare condizioni dolorose, per quanto reali, attraverso opere come L’inferno non esiste?, un racconto duro ma allo stesso tempo poetico sul tema della violenza domestica sulle donne.

Margaret Mazzantini. Un nome inesorabilmente legato a uno dei bestseller più celebri di questi ultimi anni: Non ti muovere. Figlia dello scrittore Carlo Mazzantini e della pittrice Anne Donnelly, Margaret racconta storie di donne normali: Italia, Gemma, Angelina, Jamila sono nomi che racchiudono universi di disincanto, sogni e dolori. La Mazzantini utilizza la sofferenza come strada di redenzione, il dolore come insegnamento: le donne devono necessariamente sacrificarsi per qualcosa per poter poi rinascere nella loro totalità fatta di luci ma anche di ombre.

Grandi benefattrici, braccia che grondano sul mondo. Madonne dei serpenti, delle anguille, dei ratti. Madonne dei bambini agghindati e rigidi come adulti. Filosofe. Sante: occhi bianchi, mani incise da stigmate, come vulve spalancate verso il cielo. Donne che leccano i muri, la terra dov’è passato l’amore.”

Silvia Avallone. Una moltitudine di capelli ricci che cadono liberi incorniciando un viso giovanissimo, di donna d’oggi. Silvia Avallone, classe 1984, deve il suo successo al romanzo d’esordio Acciaio, vincitore del premio Strega 2010. La Avallone ambienta nei casermoni di Piombino la storia di due amiche che insieme si avvicinano ai 14 anni crescendo in un mondo ormai alla deriva. Silvia racconta la sua terra con uno stile appassionante ma sporco, imperfetto…come imperfetta è la vita delle ragazze della sua età. Una vita, la sua, passata sui libri e che nei libri trova lo slancio per un’analisi attenta del degrado sociale a cui però non bisogna arrendersi. In un’intervista ha detto di sé: “Sono laureata in filosofia, e mi mancano due esami alla specialistica in lettere. Sogno di insegnare nella scuola pubblica, ma in Italia oggi è quasi impossibile..”.

Sono donne comuni, donne che hanno saputo creare usando ciò che di più prezioso posseggono: il talento e una buona macchina per scrivere. Ricorrenze come quella dell’8 marzo, dunque, servono a poco se non si è maturata la consapevolezza che l’unico modo per riscattarsi è trasformare la propria vita in bellezza…qualsiasi cosa questo temine vago ma così vicino all’universo femminile voglia significare.

di Maria Elisabetta Filod’oro