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Le interviste di Eclipse: A tu per tu con Gué Pequeno

pequenoIl doppiaggio per il nuovo capitolo di “STEP UP”, il cinema, la musica: il rapper milanese si racconta

Arriverà nelle sale il prossimo 20 Agosto, per M2 Pictures, il nuovo episodio di una delle saghe sulla danza più popolari al mondo: stiamo parlando di STEP UP ALL IN, presentato in anteprima assoluta al Giffoni Film Festival.

Protagonista del quarto capitolo della saga di STEP UP è lo street dancer di Miami Sean Asa (interpretato dall’attore Ryan Guzman), che sogna di fare della danza una professione. Trasferitosi a Hollywood presto capirà quanto il cammino verso il suo sogno sia pieno di ostacoli. Sarà un incontro fortunato, quello con la ballerina Andie West (Briana Evigan), a dare una svolta alla sua vita: i due fonderanno insieme una crew che li porterà molto lontano.

In STEP UP ALL IN ci sono due presenze italiane d’eccezione: la prima è quella di Lorella Boccia, ex ballerina di Amici, scelta dai produttori americani per un cameo; la seconda è quella del rapper Gué Pequeno, componente dei Club Dogo e solista di successo, che debutta al doppiaggio prestando la sua voce a uno dei protagonisti del film, Jasper.

L’abbiamo incontrato a Roma poco prima della sua partenza per il Giffoni Film Festival.

  • Conoscevi la saga di STEP UP? E soprattutto come hai reagito alla proposta di doppiaggio?

«Certo che conoscevo la saga, la conosce anche mia nonna. Sono stato molto felice della proposta. Ho accettato essenzialmente per tre motivi: il primo è la caratura della serie che è molto mainstream; il secondo è il mondo della danza che è al centro del film, che è legato all’hip-hop (anche se non sono molto appassionato di ballo); terzo, il fatto che il film fosse rivolto a un pubblico di adolescenti che è anche il mio pubblico.»

  • Questo è il tuo debutto come doppiatore…

«Sì, anche se in realtà io ho studiato doppiaggio in passato. Alla fine non mi sono diplomato ma ho pensato che questa fosse una buona occasione per far vedere alla gente cosa ho imparato.»

  • Che rapporto hai con il cinema?

«Ho sempre avuto un amore assoluto per il cinema: ho iniziato ad andarci che avevo meno di dieci anni. Merito di mia madre che era una critica cinematografica e mi faceva vedere di tutto, a volte anche film non proprio adatti a un ragazzino. Ho fatto anche qualche esperienza come attore in piccoli corti. E c’è stato anche un provino per una fiction enorme che poi non è andato, però.»

  • Puoi fare il nome della fiction?

«No, ma posso dirti che andrà in onda su Sky a breve.»

  • Pensi di coltivare la professione di attore parallelamente a quella di rapper?

«No. Fare l’attore è una cosa seria e ti ci devi dedicare completamente. Io ho scelto la musica perché mi è sempre venuta più facile.»

  • A proposito di cinema: un film o un attore a cui guardi come punto di riferimento.

«L’hip-hop è strettamente legato a storie di gangster e spacciatori quindi, sarò banale, ma penso ai grandi classici: Scarface e Carlito’s Way. Al Pacino è uno dei miei attori preferiti. Però non voglio passare per quello che guarda “solo i classici” o “solo un genere di film”. Guardo anche i cinepanettoni così come i film di Sorrentino

  • Hip-hop e cinema: due mondi abbastanza diversi. Soprattutto se pensiamo che il rap nasce come genere di nicchia. Il fatto di partecipare a una saga come quella di STEP UP ti fa sentire commerciale?

«Capisco da dove parte questa riflessione ma credo che sia roba da puristi. Diciamo che il rap nasce da una situazione “di nicchia” ma oggi, paragonato agli altri, è forse il genere più mainstream in assoluto.»

  • A proposito di rap e mainstream, segui la scena internazionale? Ovviamente parlo degli Stati Uniti che sono un po’ “la culla della cultura hip-hop”.

«Certo che sì. Anzi, una delle accuse che mi viene rivolta qui in Italia è quella di essere “troppo americano”.»

  • Ti sarai accorto che l’hip-hop si è allontanato parecchio dagli anni ’80 e ’90 di RUN DMC e del Wu Tang Clan. E oggi è molto diverso anche dalla musica del primo Puff Daddy e di NAS. Forse di rapper della “old school” è rimasto solo Jay-Z…

«Jay Z è “vecchia scuola” per un fatto anagrafico: ha 45 anni. La sua musica si è evoluta ma scrive dei testi unici e riempie le arene. Ho il massimo rispetto per lui e so che adesso è in tour con la moglie. NAS è semplicemente un mito. Ma le cose sono cambiate e non credo si debba rimanere attaccati a quell’idea di hip-hop.»

  • Infatti i nomi che sono in testa alle classifiche americane sono altri: Lil Wayne, Nicki Minaj… Cosa pensi di loro?

«Come dicevo prima se l’hip-hop è diventato mainstream allora è giusto farci i soldi. Nicki Minaj è molto brava: scrive i suoi testi, canta, balla. Ha anche questo modo particolare di vestirsi quindi è normale che sia un personaggio richiestissimo. Il problema degli americani è che, quando vedono che una cosa va bene, allora devono farne una serie. E a un certo punto ti rompi il cazzo.»

  • La star del momento però è Iggy Azalea. Cosa dici di lei?

«Ecco di lei non ho tanta stima. Mi piace fisicamente ricorda una pin-up ma per quello che riguarda la musica beh… è un ex modella trasformata in rapper. È australiana e spesso forza anche un accento che non è il suo. Che dire? Fa spettacolo.»

 

 

di Lucia Gerbino