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Intervista a Brunonia Barry autrice del romanzo “La lettrice bugiarda”

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Intervista a Brunonia Barry autrice del romanzo “La lettrice bugiarda”

Brunonia_Barry_-_foto_di_Svevo_RuggeriLa lettrice bugiarda è un romanzo emozionante e particolare che ha riscosso molto successo in America e che la Garzanti ha deciso di pubblicare in Italia.

È una storia di abbandono e redenzione, di bugie e tradimenti, dove i misteri e i segreti si dipanano pagina dopo pagina fino a dare un nuovo significato alla parola verità.
Interessante e spettacolare, da leggere con la certezza di aver acquistato un buon libro…
In un hotel al centro di Roma, abbiamo avuto la possibilità di intervistare Brunonia Barry, l’autrice de “La lettrice bugiarda”. Ecco qui di seguito, per Eclipse, la piacevole chiacchierata.

La “Lettrice bugiarda”, un romanzo magnetico sin dalle prime pagine… Possiamo definirlo una via interpretativa dell’universo femminile? Nel bene e nel male…

Sì, è esattamente così. La prima cosa che ho pensato è stata proprio quella di creare un mondo che inglobasse e comprendesse proprio questo aspetto che stai descrivendo.

Leggere il futuro nelle trame di un pizzo. Tutto ha origine, è presente e finisce nel “punto di quiete”. Tutto è e simultaneamente non è. Può approfondire l’argomento?

Quello che ho tentato di fare in questo libro e quindi di portare avanti come trama, ma anche come argomento trasversale, è stato affrontare l’aspetto del dualismo… vale a dire tutto e il contrario di tutto è vero e presente al tempo stesso. In un certo senso la vita è qualcosa che va al di là di tutto ciò… va oltre. Io penso che tutti noi abbiamo una certa tendenza a categorizzare… una certa tendenza a voler necessariamente decidere che cos’è specificatamente un qualcosa… e credo che questo sia in realtà molto pericoloso nella nostra vita. Quello che ho cercato di fare è quindi mantenere in contemporanea più prospettive, più punti di vista. Questo dualismo, questa duplicità lo riscontriamo come elemento evidente e spesso presente in ogni momento della narrazione, poiché ho pensato fosse un elemento davvero interessante… vedi le gemelle, i due salotti, etc etc..

Il personaggio di Towner è in bilico tra un passato complicato e il futuro che legge nel pizzo, e apparentemente sembra che si possa aver paura da entrambi. È veramente così?

All’inizio c’è la sua percezione che poi tramuta in paura, e parte della sua paura è anche caratterizzata dal fatto che lei non ricorda totalmente il suo passato. Negli Stati Uniti abbiamo detto che recita così: “Sei malato tanto quanto i tuoi segreti”, che sta a significare che se hai dei segreti non stai bene perché il nascondere qualcosa porta angoscia. Nel caso di Towner i suoi segreti sono segreti pure per lei, perché appunto non ricorda bene ciò che successe. In un certo senso lei vive i ricordi degli altri e vive le vite degli altri, non ha vestiti suoi, indossa quelli trovati in casa. Ma poi lei è costretta dagli eventi a vivere la sua vita, a riappropriarsi della sua esistenza… il suo dramma è anche quello di essersi rimossa dalla propria esistenza, e non è un fattore semplice da descrivere né da vivere sulla propria pelle.

È luogo comune avere speranza nel futuro… eppure nel libro ogni atto è subordinato al passato, sereno o tragico che sia… Corrisponde anche alla sua visione della vita?

Mi auguro di no… però, ad esempio Salem è ben definita dal suo passato. Io per esempio sono nata a Salem, lì ho vissuto per un po’, poi sono andata un po’ in giro ed infine ho deciso di ritornare nella mia città natia e ora vivo nuovamente lì… questo luogo, dicevo è un posto in cui si è sviluppato il puritanesimo, un luogo in cui arrivarono i primi coloni dall’Europa, perciò diciamo che tutta questa zona dell’East Coast , del Massachusset è una zona anche molto cosciente e consapevole delle proprie origini … noi sappiamo, a differenza di altre zone degli Stati Uniti, chi siamo, da dove veniamo, quali sono le nostre origini.. ma allo stesso tempo siamo un popolo molto “liberal”, molto portato verso la tecnologia, c’è molta imprenditorialità che tende senza dubbio al moderno, e tutto ciò non fa altro che confermare quelloche dicevo prima, ossia un passato netto e caratterizzante che si fonde con il moderno e la tendenza al futuro… ecco spiegato un altro evidente dualismo che ci riconduce alle tematiche presenti nel libro.

La lettura del futuro, pur con tutto il suo fascino mitico, suggerisce una negazione del libero arbitrio. Come se tutto fosse già scritto e a nulla valessero le scelte dell’uomo. La pensa così?

No, nel senso che quello che cerca di fare Eva è modificare il futuro di Towner. Con il fatto di riportarla nella sua città di origine… ma questo è un concetto che è molto ben radicato in Massachusset, concetti puritani e calvinisti più volte identificavano nel destino un elemento fortemente presente nella vita di ogni individuo… l’anima delle persone poteva essere salvata o dannata in base al destino della persona… oggi non credo sia ancora totalmente così, il pensiero delle persone si è evoluto, tuttavia, da qualche parte il concetto del destino e di essere legati al proprio destino indissolubilmente è certamente presente in qualche forma… l’idea di Eva, che è poi anche quella mia, è che in ogni caso ci sia la possibilità di poter cambiare il futuro in base agli atti che si compiono nel presente.

Nella vita di Towner la storia familiare conta moltissimo. Secondo lei, è così per tutti? Quanto la famiglia (anche nel senso delle vicende vissute dai nostri antenati, che non abbiamo mai conosciuto) condiziona il nostro futuro?

In realtà conosco molte persone che sono influenzate da quelli che sono gli eventi della propria famiglia, e devo dire che per un lungo periodo questo valesse anche per me nonostante io fossi andata via a 18 anni da casa, ma senza perdere mai un contatto con la mia famiglia. Pensavo di non avere particolari legami con il passato mio originario, tuttavia in realtà ogni tanto c’erano delle cose che mi facevano un po’ pensare, nel senso che percepivo alcune situazioni senza però comprendere appieno il perché. Per questo motivo ti dico che capire e vivere il passato può essere liberatorio, soprattutto gli eventi inespressi, quelli che hanno lasciato traccia e dei quali sei quasi inconsapevole pur percependoli. E’ molto importante capirli, comprenderli e farli tuoi… perché comunque ti aiuta anche a liberartene o a farne bagaglio di esperienza.

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Il talento è un dono o un’abile alchimia tra capacità e richiesta del mercato?

Mah… io credo che il successo sia una combinazione di queste cose…credo ci siano al mondo tantissime persone di grande talento alle quali il loro dono non viene mai riconosciuto. Io credo che il talento sia un dono, che la capacità sia invece una cosa che si può sviluppare e che il mercato, invece, sia davvero qualcosa di insidioso.

Il principio di “non casualità del caso” sembra essere piuttosto presente nella storia del romanzo. È così anche nella sua vita?

Questo è uno di principi chiave di Eva…ma io non sono totalmente d’accordo con Eva. Io credo che il problema riguarda cosa decidiamo di fare con questo “caso”…. mi spiego: la casualità generica e il concetto di evento casuale che si propone e si manifesta nella nostra vita, a mio avviso esiste. Tuttavia dipende cosa noi decidiamo di farne, ed è in questo caso che poi può sembrare che tutto sia riconducibile ad un disegno.
Non so se sono stata chiara, ma ad esempio una volta mi è capitato di rompermi una gamba e questo evento mi ha impedito di accettare un lavoro nell’industria della musica che avrei voluto fare, a Los Angeles. Però oggi, con il senno di poi, affermo che questa cosa è stata molto positiva perché mi ha consentito di andare in una direzione diversa, la mia direzione.

Mi permetto un piccolo azzardo, ossia vedere delle affinità tra la “ragnatela del pizzo” e il simbolo del “labirinto”presente nella cultura europea sin dai tempi più antichi, dove l’uomo si perde nelle trame del tempo e dello spazio… solo una mia impressione?

No assolutamente no, anzi… anche se io non l’avevo mai pensato in termini del labirinto, tuttavia non mi resta altro che constatare che è effettivamente così… complimenti! Wow! Ti posso citare nelle prossime occasioni di intervista?
E ti dirò una cosa di più, in questo caso gli spazi vuoti hanno la stessa importanza degli spazi pieni, a mio avviso.

Generalmente si definisce l’uomo come razionalità e azione, mentre la donna come intuito ed istinto. Pensa di aver sviluppato questa distinzione nel suo libro e più specificatamente in Towner, la sua protagonista?

Sì è così, tuttavia in Towner il suo lato intuitivo è sofferente, mentre è la sua parte più razionale che la mantiene sana…. ossia lei può vedere una cosa e distinguere ciò che è allucinazione e ciò che è realtà. Quello che invece non è riuscita ancora a fare è fondere il suo lato femminile con quello maschile, e sarebbe necessario che lei lo facesse. È vero che il suo lato maschile-razionale finora l’ha salvata, ma fondamentalmente la sua vita, lei non l’ha vissuta e non la sta vivendo…

Fortunatamente la caccia alle streghe fa parte del nostro passato. Secondo lei, ci sono ancora oggi degli episodi di “caccia alle streghe”, intesa come discriminazione o persecuzione di gruppi di persone o idee?

Sì in un certo senso è anche questo il perché io abbia scritto questo libro, e questo è anche come successe durante il maccartismo quando Arthur Miller scrisse The Crucible .. adesso sembra esserci una ventata nuova nel nostro Paese… però è sempre così, quando ci sono tempi duri e la vita è difficile, c’è la tendenza a prendersela con qualcuno, ed è proprio in quel momento che può nascere violenza incontrollata, razzismo intellettuale e proprio legato alla razza.

Ci può raccontare le varie tappe che ha percorso per realizzare praticamente il suo libro?

È una storia un po’ confusa… in realtà parte tutto da un racconto nel quale c’erano sia Towner che May, e alcune scene le ho riportate ma in una chiave differente, perché il libro prende poi un suo slancio diverso che si distacca dal racconto iniziale. Ho imparato a guardare le cose dal punto di vista dei diversi personaggi. Mano a mano che andavo avanti nella scrittura mi sono resa conto che avevo scritto quasi esclusivamente dal punto di vista di Towner. Allora ho pensato che non fosse opportuno continuare così e ho compiuto il processo inverso, andando a ritroso nel testo ed inserendo i punti di vista degli altri personaggi, disseminati qua e là nel romanzo. A questo punto però ho assistito ad una situazione sgradevolissima: ogni volta che entravo nella storia aggiungendo qualcosa, la storia stessa tendeva a a sgretolarsi, poiché era stata strutturata come mi era venuta, e proseguiva discretamente in quell’unico modo. A questo punto mi sono disperata… ho davvero pianto moltissimo perché avevo tra le dita i cocci di una buona storia, che non avevano più l’anima. Ma soprattutto avevo la piena coscienza che non ne sarei più venuta accapo. Ed infatti ci sono voluti 7 anni prima di riuscire a far quadrare tutto… premetto che nel frattempo ho scritto altre cose e che avevo riposto nel cassetto, sconsolata, il mio manoscritto. Ma un giorno mi sono fatta forza, ho ripreso le redini del romanzo e ho cercato del valore delle contrapposizioni dei punti di vista, attenendomi alla trama iniziale del racconto. Poi, ad un certo punto il finale del romanzo mi si è presentato… io volevo proseguire nella via del racconto iniziale, ed invece forse smossa dal fatto che il libro tratta di situazioni intuitive, ho seguito l’intuito, creando un nuovo finale dettato anche dall’editing che ho fatto piano piano, prima della stesura finale.

La storia del suo libro è nota. Stampato e distribuito in proprio, si è rivelato un successo e diversi editori se ne sono contesi i diritti. Questa storia è comune a molti autori esordienti, che spesso non riescono a trovare un editore disposto a pubblicarli. Possiamo dire che le case editrici stiano diventando sempre più “pigre” e meno disposte a rischiare?

Diciamo che in un certo senso con la situazione economica attuale praticamente nessuno è disposto a correre rischi, anche se per certi versi sono stati più aperti con me, ad esempio William Morrow che è l’editore, ha acquistato il libro che era stato da me autopubblicato, ed era la prima volta in assoluto per lui, anche se ora so che ha riproposto con un altro la stessa cosa. D evo ammettere che ora gli editori sono un po’ più aperti, un po’ più disponibili a guardare oltre i canali rodati e conosciuti.

Lei è al suo primo romanzo, tuttavia ha esperienza e successo come drammaturga. Può farci un parallelismo tra i diversi modi di scrivere ed interpretare storie e personaggi?

Diciamo che ci sono delle differenze sostanziali… io ad esempio me la cavo molto bene con i dialoghi, quindi nel mio libro in particolare ci sono molti scambi di dialoghi con i quali vado avanti anche nella storia, senza descrivere sempre tutto come voce narrante. La sceneggiatura, invece, è abbastanza scarna, non c’è tempo in un film per la descrizione di un personaggio… il personaggio lo si fa cogliere dalla gestualità, dalle cose che compie, lo devi mostrare in azione così che il pubblico possa cogliere le sue caratteristiche ed in più le caratteristiche del personaggio vengono riempite dall’attore o dal regista. Nel romanzo invece si ha tutto il tempo che si vuole, con la speranza di non essere mai noiosi o eccessivamente lunghi. Comunque sia la sceneggiatura che la stesura di un romanzo dovrebbero essere guidati dal personaggio, che in un certo senso ha la capacità di fare la storia da sé… però ci sono anche molte cose comuni, ad esempio io nel romanzo per ogni personaggio ho scritto più o meno una ventina di pagine di biografia… stessa identica cosa avrei fatto per la sceneggiatura.
Io credo che la costruzione sia simile… forse è per questo che le storie migliori funzionano bene sia racchiuse in romanzi che in film.

Con questa ultima domanda si conclude la piacevole intervista a Brunonia Barry, autrice con una spiccata giov
ialità nei suoi modi.
Si ringrazia Francesca Rodella, responsabile dell’ufficio stampa della casa editrice Garzanti per l’opportunità offerta.

di Svevo Ruggeri & Flavia Vadrucci

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