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Festival Internazionale del Film di Roma 2014: Black or White

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Festival Internazionale del Film di Roma 2014: Black or White

Black or White

Kevin Costner

Kevin Costner

Kevin Costner protagonista del nuovo film di Mike Binder

Ognuno di noi sogna d’incontrare i propri miti ma, per chi lavora nei media o nel mondo dello spettacolo, arriva un momento in cui l’emozione si affievolisce e cede il passo all’abitudine. Ma Kevin Costner è un’eccezione: tutti abbiamo un legame indissolubile con i suoi film, e ancor di più i nati tra gli anni ‘80  e ’90, che con gli eroi che ha interpretato ci sono cresciuti.

Il suo ingresso, nella piccola sala allestita per la stampa in un famoso albergo romano, è accompagnato da un lungo applauso: «Mi scuso per il ritardo. È colpa dell’aereo.»dice Costner. «Se non altro, mentre arrivavo qui, ho avuto modo di ammirare insieme a mia figlia Lily questa splendida città.»

L’attore è in concorso al Festival di Roma (Sezioni GALA/Alice nella Città) con il nuovo film di Mike Binder, Black or White, dramma a sfondo razziale tratto da una storia vera: Costner interpreta Elliott, un avvocato che, dopo la scomparsa della figlia, si ritrova anche vedovo e costretto a combattere per la custodia della nipote Eloise. Rowena, la nonna paterna della bambina, interpretata da Octavia Spencer, tenterà in tutti i modi di ottenerne l’affidamento esclusivo per farla riavvicinare al padre, un uomo con problemi di droga. La battaglia legale tra i due nonni farà riemergere pregiudizi messi a tacere per molti anni.

  • Che consigli ti senti di dare a quei paesi in cui il problema del razzismo è ancora così sentito?

«L’argomento è molto delicato e io non sono nella posizione di dare i consigli. So solo che sono le differenze a fare la bellezza del mondo: credo che alcune delle cose più belle della mia vita le ho condivise con persone con cui non avevo in comune nemmeno la lingua. In America il razzismo è ancora una grandissima piaga sociale: siamo stati noi americani a importare gli schiavi che poi hanno costruito il nostro paese. Ed è un errore che abbiamo pagato e che stiamo ancora pagando. Come risolviamo il problema? Beh… io ho provato a fare un film che non parlasse della storia e della schiavitù. Ho fatto un film su quello che sta succedendo adesso: credo che il contenuto possa aiutare a trovare una risposta al dibattito sul razzismo.»

  • In Black or White hai il ruolo di protagonista ma sei anche il produttore del film. Come mai?

«Semplice. I grandi studios non credevano in questo progetto: pensavano di non poterci “fare cassa”. Io penso che si sbaglino e che questo film possa essere un grande successo. Così ne ho parlato con mia moglie e ci abbiamo messo i nostri soldi. Forse a Hollywood hanno pensato che fosse una storia troppo drammatica. Invece il pubblico si accorgerà che ci sono tanti momenti in cui in Black & White si sorride: non è poi così profondamente drammatico se alla fine c’è una risata.»

  • Nel film interpreti un nonno: a chi ti sei ispirato per il ruolo di Elliott?

«Io non sono un nonno e non mi sono ispirato al mio. Diciamo che per questo personaggio mi sono attenuto al copione: è un uomo che beve troppo, che ha perso le due donne più importanti della sua vita e che lotta per non perdere una bambina che è l’unico legame che gli resta con quelle due donne. È il genere di esperienza che si fa anche nella vita reale: quando sai per cosa combatti, sai anche cosa devi fare.»

  • Nel corso della tua carriera hai recitato in film diversissimi: commedie, avventure, film storici. Quali ruoli preferisci?

«Non ne ho di preferiti perché in ogni film c’è un approccio diverso. Non ho cercato di costruire la mia carriera su genere specifico. Certo, sarebbe stata una mossa furba: fare solo commedie o film d’azione ti permette di essere facilmente riconoscibile e di essere richiamato per un determinato tipo ruolo. Fa bene al business. Per quello che riguarda me, però, mi piace che le persone possano dire “C’è il nuovo film con Kevin Costner: cosa sarà?” Mi sono sempre sentito libero di fare film grandi o piccoli. E ogni volta che mi viene sottoposto un progetto, anche se è stato rifiutato da tutti, se piace a me, lo faccio.»

  • Oltre al cinema sappiamo che hai una grande passione per la musica: hai suonato a Orvieto poco tempo fa. Come riesci a conciliare tutti questi impegni e a fare anche il padre?

«Nella vita abbiamo la possibilità di essere tante cose: io recito, faccio musica, viaggio. Ma queste sono tutte attività che all’improvviso possono cambiare e persino interrompersi. L’unica cosa che non cambia è la responsabilità di essere un padre. Lavoro tanto ma sono anche molto presente a casa: porto e riprendo i miei figli da scuola e devo pure fare da paciere quando litigano. Il mondo mi vede come un attore e un musicista, quello che non si vede è come faccio il padre quando sono a casa e che tipo di persona sono con i miei amici. Entrambe sono cose che mi danno grande gioia. Certo, il mio lavoro è molto bello: ovunque vada vengo trattato con rispetto e mi viene sempre offerto il meglio. La mia famiglia di origine che non era ricca ed era lontanissima dal cinema e da tutte queste cose. Quando ho detto a mio padre che volevo fare l’attore, per lui è stata dura: tutti i padri desiderano aiutare i propri figli e lui non poteva farlo. Poi tutto è cambiato. Posso dire che, tutto quello che ho ottenuto nella mia vita, è andato ben oltre le mie aspettative. E ne sono grato.»

  • Hai detto che in Black or White ci hai creduto nonostante tutto e tutti. Che reazione ti aspetti da parte del pubblico?

«Spero che la gente lo veda perché contiene un messaggio che aiuta a capire un problema e che ha aiutato anche me. Sin da quando ho letto il copione per la prima volta, sapevo che dopo Black & White sarei diventato una persona diversa. Ed è andata proprio così.» 

di Lucia Gerbino