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Romacinemafest 2011: Little Glory

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Romacinemafest 2011: Little Glory

L’età dell’innocenza perduta

Dopo aver conquistato la passata edizione del Torino Film Festival con Vampires, diario di una famiglia borghese di vampiri girato con la tecnica del documentario in poco più di un mese, Vincent Lannoo affronta la sfida del Festival di Roma presentando nella sezione Alice nella città il suo inaspettato Little Glory. Lontano dalle ambientazioni dark/horror che fino a questo momento sembravano aver caratterizzato il suo stile, il film sembra dare inizio ad una nuova stagione narrativa per il regista belga, capace di definire la forma e la sostanza di un disorientamento giovanile senza cadere nella facile retorica della commozione. Scritta per un’ambientazione belga ma trapiantata nella provincia americana più oscura e miserabile, la vicenda del diciannovenne Shawn e della piccola Julie, due fratelli rimasti orfani interpretati da Cameron Bright (Twilight-New Moon) e da Isabella Blake-Thomas, non delimita solamente un microcosmo determinato dalla solitudine e dall’abbandono, ma attraverso l’isolamento del singolo si spinge a configurare la crisi di una società perennemente sull’orlo del tracollo economico e sentimentale. Nell’immaginario cinematografico il tema dell’abbandono dell’infanzia da parte di un universo adulto tendenzialmente antagonista ha stimolato la sensibilità di molti autori come Francois Truffaut (I 400 colpi) e i fratelli Dardenne (Il figlio) che, attraverso la scelta di una poetica del tutto personale, hanno comunque determinato la nascita di elementi narrativi inconfutabili, capaci di costruire gli assiomi del genere. Seguendo l’applicazione di una regola quasi matematica, anche Lannoo utilizza le medesime formule, rielaborandole, però, attraverso una visione ed un vissuto chiaramente personale. Collocata ai margini di un’America composta da immigrati e classi sociali che sembrano aver perso definitivamente fiducia nel sogno americano, l’adolescenza affronta una solitudine che non è violenza o abuso ma che si configura attraverso la detonante forza dell’assenza. Figli e genitori soffrono la medesima fatica di vivere, annaspano nelle stesse difficoltà e si nutrono di una incapacità affettiva che non sembra esaurire la sua influenza negativa.  Se nella saga di Doinel è possibile rintracciare un nemico accusabile, nel percorso costruito da Lannoo la natura del così detto avversario appare ugualmente fragile e traballante; sconfitto dalla perdita di un amore o dalla mancanza di uno scopo, chiede pietà e comprensione per le sue stesse caparbie debolezze. Così,  fatta eccezione per le figure rappresentative dell’istruzione e del lavoro che, forse fin troppo semplicemente e utopisticamente, rappresentano l’unica ancora a cui aggrapparsi per sperare in un riscatto personale, ai giovani protagonisti non rimane altro che unirsi in un abbraccio d’appartenenza imprevisto e liberatore per affrontare il costante affanno dell’età adulta.

di Tiziana Morganti