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Roma Fiction Fest 2013: Omaggio ad Anna Magnani a 40 anni dalla sua scomparsa

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Roma Fiction Fest 2013: Omaggio ad Anna Magnani a 40 anni dalla sua scomparsa

anna magnaniUn talento unico che si seppe contraddistingue dal cinema, al teatro alla tv

Cinema senza tempo – Anna Magnani: recitare la verità”. Questo il titolo dell’omaggio, della durata di 47’, che i registi Daniela Piccioni e Sandro Lai hanno voluto fare a una delle attrici italiane più apprezzate della storia del cinema nostrano: Anna Magnani. Per ricordare i 40 anni dalla sua scomparsa, una grossa perdita sia dal punto di vista artistico che umano. Ed è questo squarcio storico nel mondo cinematografico che rimarrà anche dell’edizione 2013 del Roma Fiction Festival, conclusosi ieri, 3 ottobre, all’Auditorium Parco della Musica. Da citare, infatti, anche le numerose retrospettive Rai Teche sulle inchieste del commissario Maigret. Oppure gli speciali sui più recenti “Un posto al sole” o “X-files”. Per giungere davvero a “il meglio della tv, prima della tv”.

Ed un filmato in bianco e nero, quale quello di omaggio ad Anna Magnani, non è meno efficace degli attuali effetti speciali in 3D quando a parlare è l’umanità impersonificata da una delle attrici più famose al mondo, di cui si ripercorre la lunga carriera artistica: dal teatro, al cinema, alla successiva esperienza televisiva con la trilogia di “Tre donne” di Alfredo Giannetti che ben incarna: attrice, ma anche mamma (e proprio in “Maddalena” ha messo tutta la sua passione di madre) e donna, soprattutto una grande amica per chi ha lavorato con lei. Anna ci viene raccontata con gli occhi di chi le è stato affianco sul campo: Visconti, Rossellini, Tullio Kezich, Eduardo de Filippo, Marcello Mastroianni, Federico Fellini. Filmati storici di repertorio, interviste se non inedite per lo meno d’epoca, in cui appare un’Anna Magnani come non si era mai vista né conosciuta. Una donna piena di paure, ma dalla straordinaria generosità e di una forza d’animo eccezionale. Passionale in tutto ciò che faceva, sapeva mettere e dare, nella vita e nel lavoro, un’amicizia e un affetto senza limiti. Di temperamento a volte un po’ irruento con i disonesti, sapeva essere dolce e moderata con coloro a cui teneva. Bisognava trattarla in modo particolare, accettando le sue proposte artistiche. Molto collaborativa, era una fonte inesauribile di idee e, se le si accettavano e le si lasciava fargliele sviluppare a suo piacimento, mostrava tutto il suo talento unico, che probabilmente nessun’altro, o comunque non molti altri, artista aveva. Non si fece frenare neppure dalla sua paura di volare e andò, per sei mesi, in America. Tornerà in Italia e otterrà un Oscar inaspettato. Nelle interviste che ha rilasciato, seppur ammetta di non sapersi né giudicare né valutare, rivela che il suo successo viene dal fatto che i suoi personaggi sono l’esito dell’amore che lei ripone interpretandoli, sentendoli appunto suoi, quasi frutto dei suoi sogni che si realizzano. Non ha mai rinnegato il legame speciale che la unisce al teatro, a cui torna sempre volentieri. E che diventa il palco della sua più grande e migliore espressione. Tanto che Eduardo de Filippo dirà che: “non aveva bisogno della voce, parlava con le mani”. Più volte, infatti, viene ribadito che è “un caso unico” poiché “offre la verità”. Ovvero mette sul palco il suo modo di essere e di vivere, lo porta sul teatro “in modo mai casuale o sciatto”; è un po’ come se “professionalizzasse la verità: questo è il miracolo che riesce a compiere in teatro”. Uno dei migliori complimenti che un’artista possa ricevere di sicuro. Eppure una donna che, dietro la magnificenza, la maestria mostrata nel padroneggiare il palco, così come lo schermo, mostra tutta la sua fragilità e le sue insicurezze di una donna di grande umiltà. Di sé si concede raramente pochi complimenti: “d’accordo, mi voglio fare qualche piccolo complimento: mi giudico profondamente umana, molto leale e poetica…beh penso che possa bastare!” esclama in un’intervista del filmato, concludendo con quel suo sorriso pacato, mai eccessivo, come nessuna volta è stata recitando. Dalla vita dice di aver appreso il coraggio; dall’esperienza di attrice l’ambizione di essere amata da tanta gente. Anche se poi, la fama e la notorietà finivano sempre per imbarazzarla un po’ e metterla in soggezione. Molti fan iniziarono a scriverle ed inviarle numerose lettere. Le riceve volentieri, ma in merito commenta: “non mi piace parlare di me, ma mi dicono cose meravigliose”. Oppure ricorda la forte emozione che provò a girare i tre episodi per la tv di “Tre donne”: fu un’esperienza un po’ traumatizzante per lei sapere che circa 20 milioni di persone l’avrebbero vista. Per lei, ogni volta, girare un film era un’angoscia, nel senso che lo viveva con molta apprensione, preoccupata profondamente della riuscita. Ogni personaggio le rubava molte energie psico-fisiche, poiché metteva il massimo impegno in tutto: dall’interpretazione vocalica, alla mimica, sia del corpo che del volto, alla gestualità e alla preparazione curando i particolari, dell’abbigliamento e del resto. Tullio Kezich arriva persino a dire che era “troppo bella e troppo grande per il cinema”. Un’attrice regista di se stessa potremmo dire, che sapeva mantenere la sua unicità e i suoi principali connotati di drammaturgia pur nella poliedricità dei ruoli che ricopriva, sia drammatici che comici. Personalizzando in toto il suo lavoro.

 di Barbara Conti