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Roma Fiction Fest 2013: incontro con Atom Egoyan

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Roma Fiction Fest 2013: incontro con Atom Egoyan

Atom EgoyanCanadese oltre confine, artista libero alle prese con i nuovi linguaggi, tra cinema e tv

Sangue e nervi. Senza bandiere, dritto verso una libertà che viene da “lontano”.

Atom Egoyan esordisce nel suo incontro con la stampa appellandosi all’opinione pubblica affinché il regista, suo collega e sodale, John Greyson, venga liberato e siano chiarite le cause del suo rapimento avvenuto in Egitto in circostanze confuse il 16 agosto scorso. Lanciata una petizione, che ha raggiunto già 10mila firme, Egoyan chiede attenzione e pressione su una storia poco diffusa dalla cronaca internazionale.

Natio de Il Cairo e avvezzo alla contraddittoria realtà del proprio come di ogni paese, sempre in bilico tra democrazie esportate e modelli autonomi, Egoyan si apre con energia alla kermesse romana, scambiando opinioni sui linguaggi contemporanei.

Sta montando il suo ultimo film che potrebbe rivelarci un Ryan Reynolds mai visto. Ma ha anche presentato a Toronto un’opera rischiosa e perturbante. Tra thriller, melodramma, documentario e mistery. Un autore che osserva la realtà con la lente sempre curiosa di una narrazione che penetra confini e codici, sporcandosi mani, piedi e capelli nel torbido humus dell’emotività (sociale) umana.

Umile ma eclettico, coraggioso ed estremo, interculturale per nascita e per attitudine, Atom Egoyan, regista nato in Egitto ma ormai canadese da una vita, ha lanciato idee e rivelato progetti al Roma Fiction Fest. Grande attesa intorno a Devil’s Knot, prima sceneggiatura non originale per il regista, che ha dovuto intercettare una vicenda realmente accaduta, rimestare nella cronaca di un crimine commesso vent’anni fa e che non ha ancora colpevoli riconosciuti.

Tre bambini scomparsi da una pacifica religiosissima comunità del profondo Arkansas, ritrovati in una scena “soprannaturale”, nudi, sessualmente mutilati, legati, sommersi. Ma nessuna traccia ematica, nessuna traccia biologica. Una comunità in cerca di capri espiatori, che seppellisce ossa cercando simulacri e falsi demoni, da distruggere. Un processo popolare, sommario, fuori da qualsiasi logica di diritto. Tre ragazzi condannati, uno di loro al “patibolo”. Ossessione condivisa, sentieri nascosti, sguardo collettivo e rovelli individuali. Una sfida per Egoyan, maestro del crimine e delle ambiguità troppo umane, ma anche coinvolto in una storia americana, in un set americano, in mezzo a fantasmi americani. Un crimine le cui sorti sono tutte da scrivere. Una scena aperta. Protagonista uno degli attori feticcio di Egoyan, il fidato altero Colin Firth.

Ma anche la televisione aspetta il maestro canadese. “Da giovanissimo ho lavorato in tv, dirigendo alcune serie, come ‘Alfred Hitchcock presenta’…ma ho sempre trascurato la tv come campo di sperimentazione, era un modo per pagarsi il vero sogno, quello del cinema – ha commentato il regista – oggi la tv ha raggiunto una qualità straordinaria, in questi anni ho recuperato, ho seguito ‘Breaking bad’, ‘Mad men’…potrei tornare a sviluppare serie televisive. Magari adattando ‘Due settimane in un’altra città’…Ormai la vedo così: paragonando letteratura e cinema, un film è un racconto, conclusivo, che rispetta determinate aspettative, mentre una fiction seriale corrisponde ad un romanzo. Come sceneggiatore credo di essere più vicino alla logica del racconto, per questo se dovessi tornare alla tv vorrei fare l’esperienza della ‘writers room’, un gruppo di creativi a lavoro insieme”. Un canadese che difende l’autonomia creativa e che sa riconoscere schematismi culturali “lavorare con gli USA significa lavorare in un ambiente sottoposto a enormi pressioni. Sei consapevole che non sei padrone della tua idea, che dovrai cederne i diritti. Gli States sono incapaci di accettare che valori culturali moderni vegano generati al di fuori del proprio territorio, e sono portati anzi a modificarli nel loro ingranaggio pop. Caso fortuito. Quando ho girato Chloe, mi hanno chiesto di girare a San Francisco, ma tutto è già stato fotografato e ripreso si quella città, Ho scelto Toronto per dare un’immagine nuova, inattesa”.

Da Devil’s Knot alla tv, aspettiamo i nuovi misteri di Atom Egoyan.

di Sarah Panatta