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MEDFILM 2013: Coming Forth By Day

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MEDFILM 2013: Coming Forth By Day

MEDFILM 2013 - Coming Forth By DayHala Lotfy racconta le frustrazioni di una giovane donna del Cairo

Sin dalle prime immagini è evidente che ad Hala Lotfy, il tema è caro come lo è stato per Michael Haneke che, con Amour, ha ferito e incantato il pubblico di tutto il mondo. Ma la sua storia, il regista egiziano, vuole raccontarla da un’altra prospettiva: non quella di un amore senile che si confronta con la dolorosa realtà della malattia ma quella di una figlia, per cui la casa dei due anziani genitori si trasforma in un carcere, a causa delle gravi condizioni di salute del padre. Così in Coming Forth By Day, secondo film in concorso presentato al MEDFILM Festival 2013, conosciamo una giovane donna, Suad (Donia Maher) e la sua non-vita. Se alle orecchie di un occidentale il titolo del film non dice nulla, è di aiuto suggerire che si tratta della traduzione del titolo di un libro molto famoso nella cultura egiziana: Il Libro dei Morti, quello contenente le prescrizioni dell’antica arte della sepoltura secondo il culto egizio. Ed è su questo parallelo che si gioca tutto il film di Lotfy: luci e ombre, vita non vissuta (me sempre presente) e morte. A fare da scenario alla storia di Suad c’è Il Cairo, città a lei conosciuta per quel poco che basta a prendersi cura di un padre che soffre (Ahmad Lutfi) e venire incontro alle esigenze di una madre indifferente (Salma Al-Najjar), che le è sempre accanto, ma solo con il corpo. In Suad c’è la voglia di vivere ma non il coraggio, che viene meno davanti al suo grande senso di responsabilità. Il tema proposto dal regista è profondo, complesso: Coming Forth By Day è un film fondamentalmente statico, che per certi versi ricorda più il cinema dell’Europa dell’Est che non quello orientale. Ciò che arriva dallo schermo è una forte sensazione di disagio e desolazione, funzionale a comprendere lo stato d’animo di Suad ma non sufficiente a raccontare le numerose sfumature del suo personaggio, che emergono solo a tratti: nei gesti che la protagonista compie nel tentativo di prendersi cura di se stessa, percepiamo la sua “voce”. Una voce che c’è ma che dovrà superare numerose difficoltà per farsi sentire.

di Lucia Gerbino